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Estremi:
Cassazione civile, 2022,
  • Fatto

    RILEVATO

    che:

    1. la Corte d'Appello di Genova, riformando solo parzialmente la sentenza del Tribunale della stessa città, ha confermato la reiezione della domanda di risarcimento del danno per comportamenti mobbizzanti o comunque indebitamente lesivi posti in essere nei confronti di S.D., docente in servizio presso l'Istituto Comprensivo San Francesco di Paola di (OMISSIS) ed ha invece accolto la domanda, già respinta in primo grado, di rimborso delle spese anticipate dalla lavoratrice per la partecipazione ad un Corso di formazione in ambito di sicurezza, nonché di rimborso delle spese di trasferta e dell'equivalente delle giornate di ferie e dei permessi utilizzati dalla ricorrente per la frequentazione del Corso stesso;

    la Corte territoriale ha dato atto che le condotte allegate in cause erano sostanzialmente pacifiche tra le parti, ma ha ritenuto, da un lato, che il datore di lavoro avesse fornito punto per punto chiarimenti e ragionevoli motivazioni dei comportamenti tenuti e dei fatti verificatisi, nel complesso dovendosi escludere che si potesse ravvisare una strategia persecutoria posta in essere nei riguardi della lavoratrice e potendosi ricollegare la sindrome depressiva prospettata dalla ricorrente ad una sua particolare risposta soggettiva rispetto alle decisioni organizzative;

    la sentenza impugnata, con riferimento a quanto la S. aveva chiesto in pagamento, richiamava, nel rigettare le pretese a titolo di compensi per le funzioni attribuite, le argomentazioni sfavorevoli alla S. già svolte dal Tribunale, mentre riconosceva il diritto al rimborso dei costi di partecipazione al Corso di formazione sulla sicurezza, oltre che all'equivalente delle ore di permesso e delle ferie utilizzate per partecipare alla formazione e ciò sul presupposto che la ricorrente fosse stata autorizzata alla partecipazione a tale Corso, peraltro obbligatoria per lo svolgimento degli incarichi di...

  • Diritto

    CONSIDERATO

    che:

    1. il primo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione di norme di diritto (art. 360 c.p.c., n. 3), e si articola in una pluralità di passaggi con cui si afferma:

    - la violazione dell'art. 2087 c.c., per essersi ritenuto che la mera legittimità della condotta, peraltro contestata, fosse sufficiente ad esimere il datore di lavoro da responsabilità, essendo lo stesso viceversa tenuto ad attivarsi per evitare il danno ai lavoratori, senza contare che l'intento lesivo andava ritenuto provato sulla base degli elementi gravi, precisi e concordanti emersi e del carattere emulativo di talune scelte, finite per tradursi addirittura in pregiudizi per l'Amministrazione;

    - ancora la violazione dell'art. 2087 c.c., per non essersi valutato che la stessa sequenza causale degli eventi comportava la responsabilità datoriale anche in assenza di intento vessatorio;

    - la violazione concomitante dell'art. 2697 c.c., e art. 115 c.p.c., perché la prova dei fatti e del danno vi era stata e dunque la ipotetica giustificatezza delle condotte datoriali non poteva sovvertire gli esiti del giudizio, traducendosi, l'avere invocato la Corte territoriale una "particolare risposta soggettiva" rispetto alle decisioni organizzative, quale causa della lesione della salute manifestatasi, in un mero apprezzamento sfavorevole, privo di rilievo giuridico;

    - la violazione delle stesse norme, per essersi ritenuto che fosse onere del lavoratore fornire prova della condotta mobbizzante, in quanto, una volta provato il danno e la nocività dell'ambiente, era invece il datore a dover dimostrare di avere fatto tutto il possibile per evitare il pregiudizio;

    - la violazione degli artt. 1175 e 1375 c.c., per essersi ritenuta lecita la scelta del Dirigente di non confermare e non nominare la ricorrente, se non previa presentazione di scuse da parte sua, negli incarichi sulla sicurezza, pur essendo...

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