Che:
Con sentenza n. 488 del 29 marzo 2018, la Corte d'appello di L'Aquila ha confermato la decisione di primo grado che aveva respinto la domanda proposta da T.C. nei confronti del Circolo Tennis di Lanciano avente ad oggetto l'accertamento della simulazione del contratto di appalto di servizio - concernente la manutenzione ordinaria, la pulizia e la custodia dell'impianto sportivo -;
aveva richiesto, al riguardo, il ricorrente il riconoscimento della sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato, ovvero di collaborazione coordinata e continuativa ed il ripristino del rapporto di lavoro, nonché la condanna alla corresponsione di una indennità risarcitoria oltre che delle retribuzioni ovvero, nell'ipotesi di accertamento dell'esistenza di un valido rapporto di lavoro a progetto, la condanna dell'Associazione al pagamento della somma di Euro 28.630,53 D.Lgs. n. 273 del 2003, ex art. 61;
la Corte, in particolare, ha ritenuto sussistere una ipotesi di assunzione da parte dell'appaltatore del rischio d'impresa e l'inconfigurabilità di una fattispecie di somministrazione proprio alla luce dell'organizzazione di mezzi necessari e per l'assunzione del rischio da parte del Tenaglia e nonostante il parziale uso, che ha ritenuto compatibile con un appalto genuino, di mezzi di proprietà del committente;
per la cassazione della sentenza propone ricorso, assistito da memoria, T.C., affidandolo a quattro motivi;
resiste, con controricorso, il Circolo Tennis Lanciano in persona del legale rappresentante pro tempore.
Che:
Con il primo motivo di ricorso si denuncia la violazione dell'art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia sul secondo motivo di appelloò sulla differenza fra contratto d'appalto e contratto di prestazione d'opera, nonché violazione degli artt. 1655 c.c. e ss., art. 2222 c.c. e ss.;
con il - secondo motivo - si allega la violazione e falsa applicazione dell'art. 132 c.p.c. e art. 111 Cost. nonché violazione e falsa applicazione dell'art. 409 c.p.c. in relazione al D.Lgs. n. 276 del 2003, artt. 61 e 69;
con il terzo motivo si censura la decisione impugnata per omessa pronuncia e ancora falsa applicazione del D.Lgs. n. 276 del 2003, artt. 69 e 69-bis;
con il quarto motivo si denunzia violazioni e falsa applicazione dell'art. 132 c.p.c. e art. 111 Cost. nonché art. 2094 c.c.;
tutti e quattro i motivi, da esaminarsi congiuntamente per ragioni logico - sistematiche, non possono trovare accoglimento;
quanto alla violazione dell'art. 112 c.p.c., va premesso che, perché possa parlarsi di omessa pronuncia, secondo la giurisprudenza di legittimità (Cfr., ex plurimis; - Cass. n. 5730 del 03/03/2020) occorre che sia stato completamente omesso il provvedimento indispensabile per la soluzione del caso concreto, ciò che si verifica quando il giudice non decide su alcuni capi della domanda, che siano autonomamente apprezzabili, o sulle eccezioni proposte, ovvero quando pronuncia solo nei confronti di alcune parti; ò
in modo non dissimile, con riguardo alla dedotta violazione dell'art. 132 c.p.c., contenuta nel secondo e nel quarto motivo, deve osservarsi che questa Corte' ha affermato che in caso, di censura per motivazione mancante, apparente o perplessa, spetta al ricorrente allegare in modo non generico il "fatto storico" non valutato, il "dato" testuale o extratestuale dal quale, esso risulti esistente, il "come" eil "quando" tale fatto sia stato oggetto ‘di discussione processuale...
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