CHE:
1. Con sentenza del 28 aprile 2015 n. 61 la Corte d'Appello di Bologna, riuniti i due procedimenti vertenti tra C.M. - già dirigente della Agenzia delle Entrate - e la AGENZIA DELLE ENTRATE, confermava le due sentenze del Tribunale di Bologna impugnate, che avevano, rispettivamente: respinto la domanda proposta dal C. con ricorso dell'1 giugno 2009 avverso il recesso comunicatogli dalla AGENZIA DELLE ENTRATE in data 2 dicembre 2008 ai sensi del D.L. n. 112 del 2008, art. 72, comma 11; accolto la domanda proposta dal C. avverso il medesimo recesso con successivo ricorso del 3 settembre 2010.
2. La Corte territoriale in via pregiudiziale respingeva la eccezione proposta dalla AGENZIE delle Entrate (in entrambi i giudizi di appello riuniti) in ordine alla identità delle due cause introdotte dal C. ed alla violazione del principio del ne bis in idem.
3. Osservava che:
- nel primo ricorso la illegittimità del licenziamento era stata dedotta ai fini del pagamento dell'importo pattuito per la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro (Euro 123.159,67), sul presupposto: della avvenuta stipula, in epoca precedente al recesso, di un accordo di risoluzione consensuale; della applicabilità della modifica del D.L. n. 112 del 2008, art. 72, comma 11, intervenuta, nel corso del periodo di preavviso, ex lege n. 15 del 2009.
- nel secondo ricorso la illegittimità del licenziamento era dedotta dal C. in ragione: della violazione dell'art. 39 del CCNL 2002/2005 per il personale dirigente dell'area VI, in quanto la amministrazione gli aveva già riconosciuto il diritto di rimanere in servizio sino al compimento del limite di età (in datai luglio 2012); della assenza di motivazione del recesso.
4.Benché le domande avessero entrambe ad oggetto la illegittimità del licenziamento - la prima di esse in via incidentale - la causa petendi era diversa e...
CHE:
1. Con il primo motivo la AGENZIA DELLE ENTRATE ha dedotto - ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 4 - nullità della sentenza e del procedimento per violazione e falsa applicazione degli artt. 39,414 e 420 c.p.c., censurando la sentenza per avere escluso la inammissibilità della seconda iniziativa giudiziaria del C. avverso il medesimo atto di recesso.
2.Ha esposto che entrambi i ricorsi avevano come petitum diretto la contestazione della legittimità del licenziamento, ancorché con la prospettazione di diversi effetti giuridico economici e che anche la causa petendi era sostanzialmente identica, in quanto il C. mirava al riconoscimento di una indennità risarcitoria, pur diversamente calcolata.
3. Ha assunto, altresì, la inammissibilità di plurime contestazioni sostanziali avverso il medesimo atto di licenziamento, anche prima della formazione del giudicato.
4. Il motivo è fondato.
5. Giova premettere che per consolidata giurisprudenza di questa Corte (Cassazione civile 09 marzo 2020 n. 6644; 02 gennaio 2020, n. 8; 11 luglio 2019, n. 18705; 05 aprile 2019, n. 9675; 2 ottobre 2018, n. 23869; 24 marzo 2017, n. 7687) la disciplina della invalidità del licenziamento è caratterizzata da specialità rispetto a quella generale della invalidità negoziale, desumibile dalla previsione di un termine di decadenza per impugnarlo e di termini perentori per il promovimento della successiva azione di impugnativa, che resta circoscritta all'atto e non è idonea ad estendere l'oggetto del processo al rapporto, non essendo equiparabile all'azione con la quale si fanno valere diritti autodeterminati; ne consegue che il giudice non può rilevare d' ufficio una ragione di nullità del licenziamento diversa da quella eccepita dalla parte.
6. Correttamente, pertanto, il giudice del merito ha escluso la litispendenza tra i due giudizi introdotti dal C. per far valere,...
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