1. Il difensore di M.C. ha proposto ricorso avverso la sentenza indicata in epigrafe con la quale il G.i.p. del Tribunale di Vercelli ha applicato all'imputato la pena nella misura concordata di 3 anni e mesi 4 di reclusione per i reati riuniti di cui all'art. 81 c.p., art. 61 c.p., n. 11 quinquies - artt. 572, 387-bis e 582 c.p. e art. 612 c.p., comma 2, riconosciute le attenuanti generiche equivalenti alla recidiva, applicato l'aumento per la continuazione e con la riduzione per il rito.
Ne chiede l'annullamento per violazione di legge in relazione al difetto di correlazione tra richiesta e sentenza, in quanto il giudice ha ritenuto congrua la pena e corretta la valutazione di equivalenza tra attenuanti e recidiva, mentre nella proposta si richiedeva l'equivalenza tra le attenuanti e l'aggravante di cui all'art. 61 c.p., n. 11 quinquies e la recidiva. L'omissione potrebbe significare che si è ritenuto di includere nella pena base l'aumento per l'aggravante, stante l'eccessività della pena base determinata in anni 4 e mesi 6 di reclusione per il reato più grave di maltrattamenti, commesso quasi integralmente sotto la vigenza della legge previgente, che prevedeva una pena da 2 a 6 anni di reclusione, poi aumentata da 3 a 7 anni di reclusione dalla L. n. 69 del 2009 entrata in vigore il 9 agosto 2019 ovvero il giorno in cui si verificò l'ultimo episodio.
Il ricorso è inammissibile, in quanto proposto per un motivo non consentito.
Considerato infatti, che ai sensi dell'art. 448 c.p.p., comma 2-bis, introdotto dalla L. n. 103 del 2017, l'imputato può proporre ricorso per cassazione avverso la sentenza di patteggiamento solo per motivi attinenti all'espressione della volontà dell'imputato, al difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza, all'erronea qualificazione giuridica del fatto e all'illegalità della pena o della misura di sicurezza, all'evidenza il motivo di ricorso esula...
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