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Estremi:
Tribunale Roma, 2020,
  • Fatto

    In fatto

    Con atto di citazione notificato in data 16.10.2015, gli attori hanno convenuto in giudizio dinanzi a questo Tribunale la Presidenza del Consiglio dei Ministri, chiedendo di accertarne e dichiararne la responsabilità nei confronti di (....) per mancata attuazione della direttiva 75/129/CEE come modificata dalla direttiva 92/56/CEE e dalla successiva 98/59/CE del Consiglio dell'Unione Europea del 20.07.1998, concernente il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di licenziamenti collettivi, con conseguente condanna della convenuta al risarcimento dei danni, quantificati nelle somme di € 552 000.00 per il (..), € 140.000.00 per il (..), € 190.080,00 per il (..), € 254 160,00 per la (..), € 252.000.00 per il (..) ovvero nelle somme ritenute di giustizia, oltre rivalutazione monetaria e interessi legali.

    A sostegno della propria domanda, gli attori hanno dedotto di essere stati assunti nel biennio 2007-2000, con il ruolo di dirigenti , presso la (..) s.p.a. la quale, in seguito (nell'ottobre 2010), recedeva dai rapporti di lavoro intercorrenti con tutto il personale, ivi compresi gli attori medesimi. Questi ultimi hanno aggiunto altresì che la Banca avviava la procedura di cui alla I. n. 223/1991 solo in relazione al personale non dirigenziale, in quanto la predetta legge aveva escluso la categoria dei dirigenti dall'ambito di applicazione della procedura, in violazione della direttiva 98/59/CE. Solo a seguito della sentenza resa nella causa C-596/2014 del 13.02.2014 - con cui la CGUE ha dichiarato inadempiente lo Stato per non avere correttamente recepito gli obblighi su di esso incombenti - veniva modificato l'art. 24 della legge citata, estendendosi anche ai dirigenti le procedure collettive di riduzione del personale. Gli attori hanno quindi concluso rilevando che, essendo stati illegittimamente esclusi dalla procedura di cui alla l. 223/1991, hanno diritto al risarcimento dei danni subiti, da quantificare,...

  • Diritto

    In diritto

    Per maggiore chiarezza espositiva, è opportuno ricostruire il quadro normativo della vicenda in esame.

    La direttiva 98/59/CE del 20 luglio 1998, modificativa delle precedenti direttive 75/129/CEE e 92/56/CEE, nell'ottica di ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di licenziamenti collettivi e di rafforzamento della tutela dei lavoratori, ha indicato una procedura omogenea suddivisa in due fasi. La prima (di informazione e consultazione), volta a vagliare la possibilità di evitare o ridurre i licenziamenti ovvero, qualora ciò non sia possibile, diretta ad attenuarne le conseguenze, attraverso specifici strumenti di sostegno del reddito; la seconda fase (di licenziamento), in cui il datore di lavoro notifica il progetto di licenziamento dando atto dei motivi dello stesso, del numero dei lavoratori che dovranno essere licenziati e dei criteri di scelta utilizzati. Il licenziamento dovrà poi avvenire alla luce degli accordi raggiunti, nel corso della procedura, con le rappresentanze sindacali di categoria.

    Il Legislatore nazionale ha recepito la direttiva in oggetto con la legge 23 luglio 1991 n. 223, escludendo, tuttavia, la categoria dei dirigenti dall'ambito di applicazione della procedura di licenziamento collettivo, sul presupposto che le disposizioni interne riguardanti i dirigenti recassero una disciplina più favorevole della direttiva, fatta salva dall'art. 5 della stessa.

    A seguito dell'avvio della procedura d'infrazione, la Commissione europea ha proposto ricorso per inadempimento ai sensi dell'art. 258 TFUE nei confronti dell'Italia, per essere questa venuta meno, escludendo i dirigenti, agli obblighi imposti dall'art. 1 paragrafi 1 e 2 della direttiva sopra citata.

    La CGUE, con la sentenza del 13 febbraio 2014 (causa C-596/12), ha dichiarato l'inadempimento da parte della Repubblica Italiana degli obblighi su di essa incombenti in forza della direttiva...

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