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Estremi:
Cassazione civile, 2020,
  • Fatto

    RILEVATO IN FATTO

    CHE:

    1. La Corte di appello di Catania, con sentenza n. 705/2017, riformando la pronuncia di primo grado, dichiarava illegittimo il licenziamento intimato in data 18 luglio 2005 dalla società " F.A. & figli" s.p.a. a L.F. e ordinava la reintegrazione del ricorrente nel posto di lavoro ai sensi della L. n. 300 del 1970, art. 18, (nel testo anteriore alla riforma apportata dalla L. n. 92 del 2012); condannava altresì la società appellata al pagamento, a titolo risarcitorio, di una indennità commisurata alle retribuzioni globali di fatto maturate dalla data del licenziamento a quella della effettiva reintegrazione, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria.

    2. Per quanto ancora qui rileva, la Corte di appello, esaminando prioritariamente la legittimità del licenziamento alla stregua dei criteri impiegati dalla società per l'individuazione del lavoratore da licenziare, riteneva che il datore non avesse agito con buona fede e correttezza ai sensi degli artt. 1175 e 1375 c.c., in quanto il licenziamento, intimato per giustificato motivo oggettivo, recava una causale ("...improcrastinabili esigenze economiche e di ragioni connesse all'attività produttiva ed all'organizzazione del lavoro") a fronte della quale la scelta del L., quale lavoratore da licenziare, era avvenuta senza alcuna comparazione con gli altri dipendenti assegnati al medesimo punto vendita. In particolare:

    a) a fronte dell'assunto difensivo della società relativo alla maggiore convenienza di mantenere in servizio i lavoratori part-time, poteva obiettarsi che il datore ben avrebbe potuto proporre al L., lavoratore a tempo pieno, di manifestare il proprio consenso alla conversione del rapporto;

    b) l'ulteriore assunto difensivo di parte convenuta secondo cui il L., a differenza degli altri dipendenti, aveva riportato tre precedenti disciplinari, sì da renderlo "meno affidabile", costituiva...

  • Diritto

    CONSIDERATO IN DIRITTO

    CHE:

    1. Il primo motivo denuncia violazione di legge in relazione agli artt. 1175 e 1375 c.c. (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) per non avere la Corte di appello ravvisato un'ipotesi di abuso del diritto nel fatto che il L. avesse agito giudizialmente in prossimità della scadenza del termine quinquennale di prescrizione del diritto all'annullamento del licenziamento, ingenerando così un affidamento della controparte nell'abbandono della relativa pretesa.

    2. Con il secondo motivo si denuncia violazione di legge in relazione agli artt. 1175 e 1375 c.c., L. n. 604 del 1966, art. 3, e art. 41 Cost. (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) per avere la Corte di appello ritenuto la fungibilità del L. con il dipendente B., introducendo nella ricostruzione in fatto elementi diversi da quelli rappresentati nell'atto introduttivo del giudizio.

    3. Il terzo motivo denuncia la violazione delle medesime norme per essersi la Corte di appello sostituita al datore di lavoro nelle insindacabili scelte imprenditoriali di mantenere in servizio i lavoratori part-time e di ricorrere altresì al criterio dei precedenti disciplinari ai fini della valutazione delle esigenze tecnico-produttive e organizzative.

    4. Il quarto motivo denuncia violazione di legge in relazione all'"art. 75 del CCNI 28.12.1958, recepito erga omnes dal D.P.R. 2 gennaio 1962, n. 481, nonchè di norma del contratto collettivo nazionale di lavoro e in particolare dell'art. 183 del CCNL sottoscritto il 2 luglio 2004 per i dipendenti delle imprese del terziario-commercio" (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) per avere la Corte di appello, in violazione di dette disposizioni, erroneamente ritenuto che il L. avesse una maggiore anzianità di servizio del B., pur avendo iniziato a lavorare nello stesso mese di maggio 2002.

    5. Il quinto motivo denuncia violazione dell'art. 132 c.p.c. (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4)...

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