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Estremi:
Cassazione civile, 2020,
  • Fatto

    RILEVATO

    che la Corte territoriale di Milano, con sentenza depositata in data 13.12.2016, accogliendo l'appello interposto da S.S., nei confronti di Trenitalia S.p.A., avverso la pronunzia del Tribunale della stessa sede n. 907/2013, ha accertato il diritto del dipendente all'inquadramento nell'Area Quadri Livello A) a far data dall'1.12.2011 ed ha condannato la società datrice al pagamento, in favore del primo, delle relative differenze retributive, oltre accessori, dalle singole scadenze al saldo;

    che la Corte di merito ha osservato, per quanto ancora in questa sede rileva, che la reiterata assegnazione a mansioni superiori infratrimestrale non continuativa integra un illegittimo frazionamento del periodo di esercizio di tali mansioni, risultando per tabulas che tale assegnazione, frazionata, ma sistematica, "ed in assenza di una qualsivoglia allegazione da parte della società in ordine ad una ragionevole causa che l'avrebbe determinata, induce all'applicazione dell'art. 2103 c.c. testo previgente, ben potendosi ravvisare, se non un vero e proprio intento fraudolento del datore di lavoro di impedire la maturazione del diritto alla promozione automatica, comunque, una programmazione iniziale della molteplicità degli incarichi ed una predeterminazione utilitaristica di siffatto comportamento";

    che per la cassazione della sentenza ricorre Trenitalia S.p.A. articolando un motivo, cui resiste S.S. con controricorso;

    che sono state depositate memorie nell'interesse del lavoratore; che il P.G. non ha formulato richieste.

  • Diritto

    CONSIDERATO

    che, con il ricorso, si deduce, in riferimento all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione dell'art. 2103 c.c. in relazione all'art. 2697 c.c., censurandosi, nella sostanza, il fatto che i giudici di merito avrebbero omesso di considerare che, a fronte della specifica contestazione della esistenza di una preordinata assegnazione a ripetute sostituzioni infratrimestrali, il dipendente era onerato della prova della volontà datoriale di impedire, attraverso una sistematica interruzione, il raggiungimento dei tre mesi di esercizio delle mansioni superiori; e ciò, in violazione dell'art. 2697 c.c.;

    che il motivo non è fondato: ed invero, deve premettersi che i giudici di Appello, attraverso un percorso motivazionale condivisibile sotto il profilo logico-giuridico, sono pervenuti alla decisione oggetto del giudizio di legittimità, dopo aver analiticamente vagliato le risultanze istruttorie ed uniformandosi ai consolidati arresti giurisprudenziali di questa Corte, alla stregua dei quali il procedimento logico-giuridico che determina il corretto inquadramento di un lavoratore subordinato si compone, appunto, di tre fasi (cfr., ex plurlmis, Cass. nn. 9414/2018; 17163/2016): l'accertamento in fatto dell'attività lavorativa svolta in concreto; l'individuazione delle qualifiche e gradi previsti dal CCNL di categoria; il raffronto dei risultati delle suddette fasi; deve, poi, sottolinearsi, che la sentenza oggetto del presente giudizio è del tutto in linea con gli ormai consolidati arresti giurisprudenziali di legittimità - pienamente condivisi da questo Collegio, non sussistendo ragioni per disattendere i medesimi (cfr., ex multis, Cass., nn. 27129/2018; 9303/2016; 17511/2015; 17870/2014; 1023/1995) -, le cui motivazioni si richiamano, ai sensi dell'art. 118 disp. att. c.p.c.;

    che, alla stregua di tali arresti, va ribadito che, perchè possa ravvisarsi "la sistematicità e la frequenza di...

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