1. Il Tribunale di Siena, ritenuta infondata la sollevata eccezione di decadenza dall'impugnativa giudiziale di licenziamento (applicabilità ai dirigenti generalizzata, ma, quanto all'individuazione dell'inizio della decorrenza del relativo termine, dal 61 giorno successivo alla comunicazione del licenziamento), dichiarava l'illegittimità del recesso aziendale intimato il 24.10.2012 dalla Banca MPS s.p.a. a G.V. e condannava la società a corrispondere al dirigente l'indennità suppletiva (rectius: supplementare) fatta pari a quindici mensilità retributive.
2. La Corte d'appello riteneva che il termine per l'impugnativa del licenziamento in sede giudiziale di cui alla L. n. 604 del 1966, art. 6, novellato nel 2010 ed ulteriormente modificato con L. n. 92 del 2012, decorresse non dalla ricezione da parte del datore dell'impugnativa stragiudiziale, ma dall'invio della stessa, a garanzia del lavoratore, che non doveva soggiacere ai rischi di un mancato recapito. Nella specie, essendo stata la domanda giudiziale proposta il 182 giorno successivo all'impugnazione stragiudiziale, la stessa doveva ritenersi tardiva e nulla competeva al lavoratore a titolo di indennizzo, dovendo essere restituite alla società le somme percepite in ottemperanza alla pronuncia del Tribunale.
3. Quanto ai passaggi di carriera che avevano caratterizzato la posizione del G. all'interno di MPS, la ricostruzione della vicenda, effettuata sulla base anche delle deposizioni testimoniali, portava a ritenere che il G. era stato costretto in ambito lavorativo in cui la sua professionalità tecnica era stata del tutto pretermessa e poi contenuta in termini di puro sviluppo commerciale, ma privata di facoltà decisionali ed organizzative che avevano caratterizzato la funzione di direzione raggiunta in BAV, società incorporata, e mantenuta di fatto sino all'autunno 2008. I danni conseguiti a tale dequalificazione erano stati, secondo...
1. Con il primo motivo, il G. denunzia violazione della L. n. 183 del 2010, art. 32, comma 2 e della L. n. 604 del 1966, art. 6, come sostituito dalla L. n. 183 del 2010, art. 32, comma 1, sostenendo che della L. n. 183 del 2010, art. 32, comma 2, nello stabilire che "le disposizioni di cui alla L. n. 604 del 1966, art. 6, si applicano anche a tutti i casi di invalidità del licenziamento", ha modificato l'ambito di applicazione della norma, estendendola sotto il profilo soggettivo anche ai dirigenti e che la previsione della L. n. 92 del 2012, art. 1, comma 42, nel modificare la L. n. 300 del 1970, art. 18, abbia esteso ai dirigenti la disciplina sanzionatoria prevista dello stesso art. 18, comma 1, ad ogni ipotesi di invalidità del licenziamento. La categoria giuridica dell'"invalidità", secondo il ricorrente, vale a delimitare sotto il profilo oggettivo l'ambito dei casi in cui detto regime deve ritenersi operante nei confronti dei dirigenti, avendo il Legislatore inteso chiaramente dettare uno specifico criterio di selezione delle fattispecie di licenziamento interessate dalla decadenza di cui all'art. 6 della Legge citata.
1.1. Ritiene, pertanto, esclusa - già alla luce del criterio di interpretazione letterale - l'applicabilità del sistema di decadenze de quo ai dirigenti allorquando essi facciano valere in giudizio l'illegittimità del licenziamento in quanto contrario alla disciplina pattizia e chiedano il pagamento dell'indennità supplementare. Evidenzia la mancanza di una previsione legale di "giustificatezza" del licenziamento del dirigente e rileva che la nozione è di origine esclusivamente convenzionale, essendo dettata unicamente dalla disciplina contrattuale collettiva di settore, nel presente caso il CCNL per i Dirigenti dipendenti dalla imprese creditizia, finanziarie e strumentali.
1.2. Aggiunge che "ingiustificatezza" del licenziamento del dirigente rappresenta un semplice...
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