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Estremi:
Cassazione civile, 2020,
  • Fatto

    FATTI DI CAUSA

    1. L'ing. S.P., già dirigente della Northrop Grumman Italia s.p.a., licenziato il 29 agosto 2012, agiva per il riconoscimento della "ingiustificatezza" del recesso intimatogli dalla datrice di lavoro e per il pagamento dell'indennità supplementare ex art. 19 CCNL Dirigenti Aziende Industriale, unitamente ad altre connesse pretese (differenze dell'indennità di preavviso e premio di produzione), che in questa sede più non rilevano, essendosi formato il giudicato interno sulle relative statuizioni di rigetto.

    2. Sull'impugnativa del licenziamento, il Giudice del lavoro del Tribunale di Velletri rilevava l'intervenuta decadenza di cui alla L. n. 183 del 2010, art. 32, comma 1, non avendo il lavoratore provveduto ad impugnare il recesso nei termini previsti dalla citata norma.

    3. L'appello proposto dal dirigente veniva accolto dalla Corte d'appello di Roma che, con sentenza n. 3977/2016, riformando sul punto la pronuncia di primo grado, dichiarava tempestiva l'impugnativa e privo di giustificatezza il licenziamento intimato dalla società datrice di lavoro, che veniva condannata al pagamento dell'indennità supplementare di cui all'art. 19 CCNL pro tempore vigente nella misura di Euro 196.109,82, oltre accessori.

    3.1. Quanto al regime della decadenza, prevista nei termini di 60 giorni per l'impugnazione stragiudiziale del licenziamento e di ulteriori 180 giorni per la proposizione di ricorso giurisdizionale, la Corte di appello, pur rilevando che la L. n. 183 del 2010, art. 32, comma 2, aveva esteso il relativo regime a tutti i casi di invalidità del licenziamento e che tale estensione riguardava anche i dirigenti, come affermato da Cass. n. 22627/2015, osservava tuttavia che l'istituto non poteva che riguardare i soli casi di difformità del licenziamento dal modello legale, in quanto la patologia dell'invalidità comprende i licenziamenti nulli perchè contrastanti con specifici divieti di legge,...

  • Diritto

    RAGIONI DELLA DECISIONE

    1. Con il primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 c.c. e segg., L. n. 604 del 1966, art. 6,L. n. 183 del 2010, art. 32, comma 2 (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) per avere la sentenza errato, da un lato, nell'interpretazione del ricorso introduttivo laddove il dirigente aveva allegato anche la natura ritorsiva o discriminatoria del licenziamento chiedendo l'accertamento della sua nullità, dall'altro, nell'interpretazione della portata applicativa della fattispecie della decadenza, essendosi la Corte di appello discostata dai principi espressi dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 22627 del 2015), il cui orientamento consente di superare la questione relativa alla applicabilità o meno dell'istituto a seconda delle ragioni poste a fondamento dell'illegittimità del recesso, siano esse la nullità, l'invalidità o la mera ingiustificatezza del recesso.

    1.1. Si osserva che sui concetti di invalidità e giustificatezza la Corte d'appello non aveva tenuto conto di quanto osservato dalla società resistente in primo grado e precisamente che l'ingiustificatezza è un concetto di creazione giurisprudenziale e quindi come tale non può costituire una categoria giuridica a sè stante; che trattandosi di ipotesi patologica di illegittimità del licenziamento, essa non può che essere ricondotta nell'ambito della categoria giuridica della invalidità; che la questione poi se l'impugnativa del licenziamento debba essere attuata nel termine di decadenza legale solo nel caso in cui l'illegittimità dell'atto incida o meno sulla continuità del rapporto di lavoro, trattasi di questione ormai superata dalla luce del nuovo testo della L. n. 300 del 1970, art. 18 e delle ulteriori modifiche al sistema di tutela dei lavoratori introdotte con il c.d. Jobs Act, secondo cui la regola del sistema di tutela del lavoratore è prima di tutto quella indennitaria e solo in casi particolari quella reale della...

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