1. La Corte d'Appello di Trieste ha parzialmente accolto, in riforma della sentenza di primo grado, la domanda di risarcimento del danno proposta da C.G. nei riguardi del Comune di Sauris e del superiore P.M. per l'infortunio sul lavoro patito a causa del crollo di un capannone metallico di proprietà dell'ente.
La Corte riteneva che sussistessero coefficienti colposi in capo al P., in quanto la persona da lui mandata per riferire al C. che il lavoro doveva essere rinviato ad altra data, di modo che vi fosse un numero sufficiente di persone, non aveva insistito sulla tassatività dell'ordine, che dunque poteva essere stato inteso come riconnesso a ragioni di mera opportunità e comunque non a stringenti motivi di sicurezza. Inoltre lo stesso P., una volta avvisato dal suo sottoposto che il C. stava procedendo ugualmente allo smontaggio, non era intervenuto subito, in modo da impedire il rischio, come in concreto la Corte riteneva avrebbe potuto fare, anche sotto il profilo dei tempi dell'accaduto. La Corte riteneva peraltro che a determinare l'evento avesse concorso in via preponderante l'imprudenza del C. nell'avere deciso di svolgere il lavoro nonostante le indicazioni contrarie ricevute e senza essere sufficientemente informato sulle caratteristiche dell'opera da svolgere. Quindi fissava il risarcimento, per i danni alla persona subiti, in misura del 35% del totale, sulla base di un contributo causale del 65% da parte del ricorrente.
2. Il C. ha proposto ricorso per cassazione con dodici motivi, resistiti con controricorso dal Comune di Sauris e dal P. e con deposito di memorie illustrative da parte di tutti i contraddittori.
La causa, dapprima avviata alla trattazione camerale, è stata poi fissata in pubblica udienza in ragione dell'importanza delle questioni giuridiche coinvolte.
1. Con i primi due motivi, nonchè con il quarto e quinto motivo di ricorso il C. censura la sentenza per omessa valutazione (dedotta ex art. 112 c.p.c. e art. 360 c.p.c., n. 5) di alcuni comportamenti di mancata adozione di cautele (informazione del lavoratore sul rischio di crollo e sulla necessità di prediligere lo smontaggio con mezzi meccanici).
Il terzo motivo (art. 360 c.p.c., n. 3) è dedicato alla rilevanza causale o concausale dell'asserita negligenza della vittima, mentre il sesto e settimo motivo riguardano, sempre ex art. 360 c.p.c., n. 3, il giudizio di graduazione delle colpe.
Infine gli ultimi cinque motivi si riferiscono al quantum debeatur, sotto il profilo dell'erronea esclusione, denunciata ex art. 360 c.p.c., n. 3 (spese di viaggio per visite e cure: ottavo motivo; costi della c.t.p. stragiudiziale: nono motivo), l'erronea determinazione delle spese di c.t.p. svolta in causa (decimo motivo, formulato sempre ex art. 360 c.p.c., n. 3) ed infine il giudizio di personalizzazione della misura del danno alla persona, indicata come oggetto di motivazione soltanto apparente (undicesimo, ex art. 360 c.p.c., n. 4) e comunque inadeguata (dodicesimo motivo ex art. 360 c.p.c., n. 3).
2. I primi due motivi, con i quali il ricorrente sostiene che la Corte avrebbe omesso di valutare il fatto che il lavoratore non era stato informato sul rischio di crollo in caso di smontaggio, così impedendogli di decidere di non procedervi, sono inammissibili.
Infatti la Corte ha ritenuto che, sebbene non fosse certo che la persona inviata a riferire al C. di rimandare le operazioni di smontaggio avesse motivato tale indicazione sulla base di "stringenti motivi di sicurezza", al lavoratore fosse o dovesse comunque essere nota la pericolosità dell'operazione.
Dunque la conoscenza o concreta conoscibilità della pericolosità da parte del lavoratore è stata comunque...
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