1. La Corte di Appello di Roma, con sentenza pubblicata il 14 dicembre 2017, nell'ambito di un procedimento ex Lege n. 92 del 2012, ha confermato la pronuncia di primo grado che aveva dichiarato l'illegittimità del licenziamento intimato in data (OMISSIS) dalla Corden Pharma Latina Spa nei confronti di I.D., ordinando la reintegrazione nel posto di lavoro e il pagamento di una indennità risarcitoria pari a 12 mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto.
2. I giudici d'appello, premesso che era incontestata la sussistenza in capo al lavoratore dei requisiti per l'assunzione ai sensi della normativa sul collocamento obbligatorio, hanno condiviso l'assunto del primo giudice secondo cui risultava violato la L. n. 68 del 1999, art. 10, comma 4, perchè, al momento della cessazione del rapporto, il numero dei rimanenti lavoratori occupati obbligatoriamente era inferiore alla quota di riserva prevista alla L. citata, art. 3.
Per la Corte territoriale l'affermazione contenuta nella sentenza di primo grado secondo cui la società non aveva assolto all'onere probatorio sul fatto che, a seguito del licenziamento dello I., non fosse stata violata detta quota di riserva, "non ha trovato smentita nelle risultanze processuali e può ritenersi circostanza pacifica su cui si è formato oramai giudicato interno".
3. Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso la soccombente con un unico articolato motivo, cui ha resistito I.D. con controricorso.
Entrambe le parti hanno comunicato memorie ex art. 378 c.p.c..
1. Con il mezzo di ricorso si denuncia "violazione e falsa applicazione della L. n. 300 del 1970, art. 18, comma 4, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3"; si deduce che "nella fattispecie l'imprenditore non ha selezionato il soggetto invalido per esodarlo, ma ha applicato una clausola della convenzione sindacale del 26/07/2012 che prevede l'esternalizzazione del reparto cui era addetto I.D."; si invoca "analogia tra il licenziamento per giustificato motivo oggettivo ed il licenziamento L. n. 223 del 1991, ex artt. 4 e 24"; si lamenta che la società aveva offerto al lavoratore "la ricollocazione nello stesso sito produttivo e nelle stesse mansioni già espletate, alle dipendenze della società appaltatrice del reparto, offerta rifiutata".
2. Il motivo di doglianza non può trovare accoglimento in quanto la Corte territoriale si è correttamente uniformata al principio di diritto stabilito da Cass. n. 12911 del 2017 con cui la ricorrente neanche si confronta, pur essendo stato posto a fondamento della sentenza impugnata (v. pag. 5), trascurando così di offrire elementi per mutare il citato orientamento così come prescritto dall'art. 360 bis c.p.c..
Invero la L. n. 68 del 1999, art. 10, comma 4, espressamente prevede:
"Il recesso di cui alla L. 23 luglio 1991, n. 223, art. 4, comma 9, ovvero il licenziamento per riduzione di personale o per giustificato motivo oggettivo, esercitato nei confronti del lavoratore occupato obbligatoriamente, sono annullabili qualora, nel momento della cessazione del rapporto, il numero dei rimanenti lavoratori occupati obbligatoriamente sia inferiore alla quota di riserva prevista alla presente L., art. 3".
La ratio della norma, nel quadro delle azioni di "promozione dell'inserimento e della integrazione lavorativa delle persone disabili nel mondo del lavoro" di cui alle finalità espresse dalla L. n. 68 del 1999, art. 1,...
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