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Estremi:
Cassazione civile, 2019,
  • Fatto

    RILEVATO

    CHE:

    1. con sentenza del 20.9.2016, la Corte d'appello di Milano respingeva il gravame proposto da P.D. avverso la decisione del Tribunale meneghino che aveva rigettato il ricorso della predetta, inteso all'accertamento delle condotte di mobbing e/o straining e di demansionamento asseritamente poste in essere dalla società Falk & Ross Group Italia nei suoi confronti ed al risarcimento dei danni patiti, patrimoniali e non, nonchè, in relazione al dedotto svolgimento di mansioni superiori rispetto ai livelli di inquadramento formalmente riconosciutile, all'accertamento del diritto alla qualifica dirigenziale, con connesse differenze retributive;

    2. la Corte di Milano, ritenuta l'ammissibilità dell'atto di gravame in quanto rispondente ai requisiti prescritti dall'art. 434 c.p.c., comma 1, rilevava, con riguardo alla domanda di inquadramento in superiore qualifica, che l'appellante non aveva prodotto il contratto collettivo in astratto applicabile e neanche posto a raffronto le mansioni che dichiarava di avere svolto con la declaratoria astrattamente corrispondente alle stesse, rendendo impossibile di fatto l'accertamento dell'invocato superiore livello di inquadramento contrattuale, ed osservava che le dette carenze non potevano essere colmate dal giudice sopperendo all'onere di allegazione incombente alla parte;

    3. con riferimento al mancato risarcimento del danno conseguente a presunta condotta di mobbing, rilevava che l'omesso riconoscimento del superiore livello di inquadramento rivendicato non poteva essere considerato una condotta di tipo vessatorio e/o persecutorio e che anche sul punto le deduzioni erano generiche e riguardanti esclusivamente un periodo successivo alle assunzioni da parte della società di due dipendenti, avvenute nel febbraio 2011; non erano, poi, dirimenti le conclusioni cui erano pervenuti i medici ai quali si era rivolta la ricorrente, mancando, peraltro, nelle...

  • Diritto

    CONSIDERATO

    CHE:

    1. con il primo motivo, si denunziano insufficiente e contraddittoria motivazione, violazione e falsa applicazione di norme di diritto con riferimento agli artt. 414 e 415 c.p.c., nonchè all'art. 421 c.p.c., assumendosi che non sussisteva alcuna incertezza sulla contrattazione collettiva di riferimento, essendo incontestata tra le parti l'applicabilità del CCNL Commercio e sostenendosi che il c.c.n.l. non rientri tra i mezzi di prova ed i documenti che il ricorrente deve, a pena di decadenza, indicare nel ricorso e depositare unitamente allo stesso, sicchè gli accertamenti sulla debenza delle somme richieste con riferimento all'attribuzione di qualifiche superiori dovevano essere compiuti dal giudicante in base agli elementi in atti;

    2. insufficiente e/o contraddittoria motivazione, violazione e falsa applicazione degli artt. 2087,2049 e 2043 c.c., nonchè dell'art. 421 c.p.c. sono ascritte, con il secondo motivo, alla decisione impugnata, sostenendosi che la Corte del merito abbia ignorato che, ai sensi dell'art. 2087 c.c., la dequalificazione può essere configurata come elemento di mobbing se viene fornita la prova dell'esistenza di un intento persecutorio da parte del datore di lavoro, e che abbia inquadrato la condotta in un arco temporale ingiustificatamente ristretto riconducendo a tale circostanza la motivazione del mancato accoglimento della domanda, con illegittima applicazione delle disposizioni di cui all'art. 421 c.p.c. e disattendendo gli elementi indicati che non erano stati oggetto di specifica contestazione ex adverso; anche la condanna alle spese è censurata in ragione della erroneità di una ritenuta soccombenza, non sussistente;

    3. con riguardo a quanto dedotto nel primo motivo, è sufficiente osservare che la conoscibilità "ex officio" di un contratto collettivo si atteggia diversamente a seconda che si versi in un'ipotesi di violazione del contratto collettivo nazionale di...

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