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Estremi:
Cassazione civile, 2019,
  • Fatto

    RILEVATO

    che:

    Con ricorso al giudice Tribunale di Catania, S.S. conveniva la Banca Popolare di Lodi ed esponeva di aver lavorato alle dipendenze della predetta Banca (già Banca Popolare di Belpasso e Banca Mercantile) con la qualifica di funzionario dal 1971 al 7 novembre 2000, allorquando aveva rassegnato le dimissioni per giusta causa.

    Rilevava che dal 1986 e fino alla cessazione del servizio era stato incaricato della reggenza dell'Agenzia di (OMISSIS) che, per numero di unità addette e per volume di affari, si collocava tra le più importanti di quelle operanti in Sicilia.

    Nel corso degli anni aveva operato con la massima diligenza e professionalità, contribuendo in modo rilevante allo sviluppo dell'agenzia da lui retta, tanto da ottenere - negli ultimi dieci anni consecutivamente - la qualifica di "ottimo".

    Lamentava che gli ultimi tre anni del rapporto si erano rilevati per lui assai stressanti a causa di una serie di reiterati provvedimenti, illegittimi e ingiustificati, adottati dalla Direzione Generale e sostanzialmente approvati dagli organi deliberativi della Banca, tutti impugnati dinanzi al giudice del lavoro e conclusisi, nella fase cautelare, favorevolmente.

    Sosteneva che tali provvedimenti (trasferimenti, contestazioni disciplinari, esoneri dal servizio, ed altri) erano frutto di un disegno complessivo finalizzato alla sua emarginazione ed estromissione dall'azienda, cosa in effetti avvenuta con dimissioni rassegnate per giusta causa il 7.11.2000.

    Deduceva che ciò gli aveva causato danni patrimoniali (perdita di chances) e non patrimoniali alla salute, che quantificava in Lire 650.000.000.

    Il Tribunale rigettava la domanda.

    Con sentenza depositata il 25.11.15, la Corte d'appello di Catania rigettava il gravame interposto dallo S., ritenendo in sintesi che i vari provvedimenti (disciplinari e non) adottati dalla Banca,...

  • Diritto

    CONSIDERATO

    che:

    1.- Con i primi due motivi il ricorrente denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell'art. 324 c.p.c., art. 2909 c.c., art. 12 preleggi e delle norme che presiedono l'interpretazione del giudicato, lamentandone l'erronea applicazione da parte della sentenza impugnata.

    Si duole in particolare che il giudicato va interpretato alla stregua delle norme e non dei negozi giuridici e, quanto al trasferimento del 2008, la sentenza (divenuta definitiva) del Tribunale aveva anche evidenziato che esso non poteva accrescere il bagaglio professionale dello S., come invece ritenuto dalla Corte etnea.

    I motivi sono infondati perchè il giudicato, pur da interpretarsi quale norma di diritto, deve valutarsi non soltanto in base al dispositivo della sentenza ma anche della sua motivazione (cfr. da ultimo Cass. n. 19252/18), e sotto questo profilo la Corte etnea ha osservato che dalle sentenze del Tribunale invocate non emergeva alcun intento persecutorio ma solo che i provvedimenti adottati dalla Banca non furono considerati legittimi; in tale contesto, che esclude un intento meramente persecutorio, la sentenza impugnata ha accertato che il trasferimento del gennaio 2008 aveva interessato una pluralità di titolari di Agenzia, inserendosi in un più vasto programma di riorganizzazione aziendale, che lo stesso odierno ricorrente non evidenzia adeguatamente contrastare col dedotto giudicato. Lo stesso dicasi quanto al biasimo scritto del marzo 1998, per il quale la sentenza del Tribunale ha evidenziato la mancanza di prova degli addebiti; ed ancora quanto alla sospensione del maggio 1998 ed al trasferimento a Siracusa, ritenuti illegittimi in quanto non giustificati dai fatti, pur sussistenti, contestati, e lo stesso dicasi per il trasferimento del 1999 (per il quale la sentenza impugnata ha accertato che le operazioni consentite al cliente C., sia pur commesse ed irregolari, erano state...

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