1. La Corte d'Appello di Salerno ha respinto il gravame proposto da U.R. avverso la sentenza del Tribunale della stessa città che a propria volta aveva rigettato l'impugnativa della sanzione della sospensione dall'insegnamento per sei mesi, con utilizzazione successiva in compiti diversi, irrogata a titolo disciplinare dai Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca nei confronti della predetta, per avere tenuto comportamenti non conformi agli obblighi della funzione docente, in violazione dei propri doveri, omettendo di mantenere rapporti interpersonali improntati a correttezza, provocando turbativa nell'ambito del plesso di appartenenza e pregiudicando il mantenimento del rapporto di fiducia tra amministrazione e cittadini (intemperanze, invettive contro alunni, reazioni esagerate allorquando sfiorata o toccata; allarmismi; incapacità di controllare le classi etc.).
La Corte, per quanto ancora rileva, riteneva che l'Amministrazione non avesse violato il principio di immutabilità della contestazione, in quanto i precedenti disciplinari erano stati considerati non al fine di far constare una recidiva quale fatto costitutivo dell'illecito perseguito, ma solo, e senza particolare incidenza, al fine di evidenziare il livello di gravità della mancanza, sicchè non vi era necessità che di tali precedenti vi fosse menzione nell'ambito della contestazione dei fatti perseguiti.
2. La U. ha proposto ricorso sulla base di due motivi, poi illustrati da memoria
e resistiti da controricorso del Ministero.
1. Il primo motivo adduce, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, la violazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 55,D.Lgs. n. 297 del 1994, art. 496,L. n. 300 del 1970, art. 7, nonchè omesso esame su di un fatto decisivo per il giudizio e violazione dell'art. 112 c.p.c..
La ricorrente sottolinea come l'art. 496 cit., norma che prevedeva la sanzione disciplinare poi inflitta, richiedeva la sussistenza di sentenza irrevocabile di condanna o l'applicazione della pena accessoria dell'interdizione temporanea dai pubblici uffici o della sospensione dall'esercizio della responsabilità genitoriale, oltre che, in ogni caso, il manifestarsi dell'illecito attraverso atti non conformi ai doveri specifici inerenti la funzione, tali da denotare l'incompatibilità del soggetto a svolgere i compiti del proprio ufficio.
La corrispondente questione, sostiene la ricorrente, non sarebbe stata esaminata nonostante essa fosse stata sollevata con il terzo motivo di appello, che la Corte aveva confuso con il quarto, sicchè la sentenza doveva essere, sul punto, cassata.
1.1 Il motivo è inammissibile.
1.2 La Corte territoriale fa riferimento ad un terzo motivo di appello con cui veniv7 posto in risalto che il provvedimento sanzionatorio non aveva "tenuto conto del contenzioso disciplinare.. e giudiziale", del quale tuttavia "non era stata fatta menzione alcuna nell'atto di contestazione degli addebiti". Riferisce poi di altre censure ed altri motivi, ma mai riporta una censura fondata sul tenore letterale e sull'assenza delle ipotesi di cui al D.Lgs. n. 297 del 1994, art. 496. Analogamente non vi è menzione, di un motivo così formulato, neanche nella parte della sentenza dedicata alla narrativa processuale.
1.3 In proposito, vale il principio per cui, qualora con il ricorso per cassazione siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, è onere della...
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