Con sentenza del 9 aprile 2018, la Corte d'appello di Trieste dichiarava illegittimo e annullava il licenziamento disciplinare intimato con lettera 30 marzo 2015 da Dussmann Service s.r.l. a E.V., condannando la società alla sua reintegrazione e al pagamento, in suo favore a titolo risarcitorio, delle retribuzioni globali di fatto maturate dal licenziamento alla reintegrazione, previa detrazione dell'aliunde perceptum e nella misura massima di dodici mensilità, oltre che al versamento della differenza di contributi previdenziali e assistenziali del periodo: così riformando la sentenza di primo grado, che, come già l'ordinanza opposta dalla lavoratrice, ne aveva rigettato le domande per l'accertata sussistenza della sua insubordinazione (consistita nell'abbandono del posto di lavoro e nella reiterata violazione di disposizioni aziendali), in difetto di una variazione unilaterale da parte datoriale dell'orario di lavoro (oggetto di riduzione ma non di una diversa collocazione da una precedente sentenza dello stesso tribunale tra le parti) non essendo stata ritualmente denunciata la nullità delle clausole flessibili ed avendo la società dimostrato le sopravvenute esigenze organizzative giustificanti lo spostamento dell'orario lavorativo dalle ore 6 alle ore 13 in quello dalle ore 7 alle ore 14.
Preliminarmente disattese le eccezioni di inammissibilità del ricorso, per la non conformazione dell'atto al paradigma normativo dell'art. 434 c.p.c. e di novità di difese ed allegazioni, da esaminare in riferimento alle singole censure e non comportanti l'inammissibilità dell'atto, la Corte territoriale escludeva la tardività del licenziamento in quanto tempestivamente adottato nel termine (di quindici giorni dalle giustificazioni della lavoratrice) stabilito dall'art. 46 CCNL applicato e pure la sua illegittimità per la mancata affissione del codice disciplinare, riguardando la contestazione (di...
1. Con il primo motivo, la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell'art. 437 c.p.c., per non ravvisata inammissibilità del reclamo a causa dell'eccepita decadenza della lavoratrice dalle nuove allegazioni, fondate su difese ed eccezioni nuove in merito, in particolare: a) alla sua eccezione di tardività del licenziamento ai sensi dell'art. 46 CCNL rispetto alla data di spedizione della raccomandata, in fase sommaria e invece al tempo di lavorazione dal Centro Postale in sede di opposizione e di reclamo; b) alla produzione in sede di opposizione di foto della bacheca aziendale, non ammessa in fase sommaria, in relazione alla mancata affissione del codice disciplinare; c) a circostanze relative all'inadeguatezza dell'orario lavorativo assegnato; in subordine, violazione e falsa applicazione dell'art. 116 c.p.c., per non avere la Corte territoriale tratto argomento di prova da tale comportamento della parte.
2. Con il secondo, essa deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 33 CCNL Imprese di Pulizia, artt. 115,116 c.p.c., per avere la Corte territoriale ritenuto legittima la denuncia della lavoratrice della clausola flessibile in data 17 novembre 2011 in assenza di una certificazione sanitaria pubblica delle esigenze di tutela della propria salute e imputabile alla società datrice un comportamento inadempiente in ordine alla collocazione oraria della prestazione lavorativa (dalle ore 7 alle ore 14 anzichè dalle ore 6 alle ore 13), in assenza di un diritto della lavoratrice all'assegnazione soltanto in tale fascia oraria.
3. Con il terzo, la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 115,116 c.p.c., L. n. 183 del 2010, art. 30, per erronea valutazione delle risultanze istruttorie in merito alla possibilità di assegnazione della lavoratrice all'attività di trasporto dei prelievi nella fascia oraria dalle ore 6 alle ore 13, con illegittima estensione del...
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