1.- Con ordinanza del 23 gennaio 2018, il Tribunale ordinario di Verona ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell'art. 96, terzo comma, del codice di procedura civile per contrasto con gli artt. 23 e 25, secondo comma, della Costituzione, nella parte in cui - stabilendo che «[i]n ogni caso, quando pronuncia sulle spese ai sensi dell'articolo 91, il giudice, anche d'ufficio, può altresì condannare la parte soccombente al pagamento, a favore della controparte, di una somma equitativamente determinata» - non prevede l'entità minima e quella massima della somma oggetto della condanna.
Il giudice, premesso di dover decidere su una domanda di restituzione di somme percepite a titolo di interessi nel corso di un rapporto di conto corrente bancario proposta da G. L. nei confronti del Banco popolare società cooperativa, riferisce che «nel caso di specie, data l'inconsistenza degli assunti attorei, viene in rilievo il disposto dell'art. 96, terzo comma, codice di procedura civile introdotto dalla legge n. 69/2009».
Il Tribunale rimettente - ritenendo che il terzo comma dell'art. 96 cod. proc. civ. debba essere letto congiuntamente al primo sul risarcimento del danno in caso di temerarietà della lite - ravvisa la sussistenza di tale presupposto nella palese incompatibilità tra la pretesa fatta valere con la citazione e l'impegno assunto con l'istituto bancario a mezzo del contratto scritto di conto corrente. In particolare - riferisce il giudice rimettente - l'attore ha lamentato l'applicazione di interessi passivi ultralegali non pattuiti, variati unilateralmente in misura superiore al tasso soglia, nonché l'utilizzo del criterio della capitalizzazione. L'istituto convenuto ha invece dimostrato, mediante produzione documentale, che le condizioni contestate erano state pattuite ed erano conformi alla delibera del Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio (CICR) che individua le modalità e i...
1.- Con ordinanza del 23 gennaio 2018, il Tribunale ordinario di Verona ha sollevato questioni di legittimità costituzionale dell'art. 96, terzo comma, del codice di procedura civile per contrasto con gli artt. 23 e 25, secondo comma, della Costituzione, nella parte in cui - stabilendo che «[i]n ogni caso, quando pronuncia sulle spese ai sensi dell'articolo 91, il giudice, anche d'ufficio, può altresì condannare la parte soccombente al pagamento, a favore della controparte, di una somma equitativamente determinata» - non prevede l'entità minima e quella massima della somma oggetto della condanna.
Secondo il rimettente la disposizione censurata, assegnando al giudice un potere ampiamente discrezionale senza fissare né un massimo né un minimo della somma al cui pagamento la parte soccombente può essere condannata, violerebbe la riserva di legge prescritta dall'art. 23 Cost., nonché il principio di legalità di cui all'art. 25, secondo comma, Cost.
2.- Va preliminarmente respinta l'eccezione di inammissibilità sollevata dall'Avvocatura generale dello Stato.
Il Tribunale rimettente ha puntualmente descritto l'oggetto della controversia e ha plausibilmente ritenuto che l'azione promossa dall'attore avesse la connotazione della lite temeraria ai sensi dell'art. 96, primo comma, cod. proc. civ.
Su questo presupposto di fatto, il Tribunale ritiene di poter fare applicazione, in particolare, del terzo comma di tale disposizione che prevede che il giudice, in ogni caso, quando pronuncia sulle spese ai sensi dell'art. 91 cod. proc. civ., può, anche d'ufficio, condannare la parte soccombente al pagamento, a favore della controparte, di una somma equitativamente determinata, oltre alle spese di lite.
Sussiste, quindi, la rilevanza delle sollevate questioni di legittimità costituzionale, avendo il Tribunale puntualmente motivato in ordine alla ritenuta applicabilità della...
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