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Estremi:
Cassazione civile, 2019,
  • Fatto

    RILEVATO

    che:

    1. la Corte d'appello di Napoli, in riforma della sentenza del Tribunale della stessa città, rigettava la domanda proposta da P.E. intesa ad ottenere, in qualità di dipendente del Ministero della Giustizia, il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio di determinate infermità (rizartrosi mano destra, con limitazione funzionale dell'escursione trapezio metacarpale; sindrome ansioso depressiva, artrosi e periartrite scapolo omerale destra e artrosi del gomito destro) e il conseguente accertamento del diritto alla corresponsione dell'equo indennizzo in considerazione della sussistenza di patologie ascrivibili ad una delle categorie della tabella A o alla tabella B annesse al D.P.R. n. 834 del 1981.

    2. La Corte argomentava che le mansioni che la Pavia asseriva di avere svolto alle dipendenze del Ministero della giustizia in qualità di segretario, assegnata alla Terza Sezione civile della Pretura di Napoli, poi alla Quarta e successivamente alla Sezione Lavoro (assistenza magistrati udienza e relative verbalizzazioni, movimentazione di fascicoli con notevole sollecitazione muscolare delle braccia e del rachide vertebrale) esulavano dal profilo professionale rivestito, nè erano stati precisati la frequenza del presunto spostamento dei faldoni, il peso degli stessi ed i mezzi di trasporto adoperati per l'eventuale spostamento.

    3. Per la cassazione della sentenza P.E. ha proposto ricorso, cui ha resistito con controricorso il Ministero della Giustizia. La ricorrente ha depositato anche memoria ex art. 380 bis c.p.c., comma 2.

  • Diritto

    CONSIDERATO

    che:

    1. come primo motivo la ricorrente deduce la violazione ed errata applicazione dell'art. 416 c.p.c. ed argomenta che essendo rimasto il Ministero della giustizia contumace nel giudizio di primo grado, esso era decaduto in sede d'appello dalla possibilità di fare eccezioni processuali e di merito non rilevabili d'ufficio, quali il nesso di causalità tra la patologia denunciata e l'attività lavorativa svolta.

    2. Come secondo motivo deduce la violazione e falsa applicazione del D.P.R. 3 maggio 1957, n. 686, art. 36, che prevede che sia onere dell'amministrazione che ha ricevuto la domanda di riconoscimento di causa di servizio provvedere ad effettuare tutte le indagini e raccogliere tutti gli elementi idonei a provare la natura dell'infermità e la connessione di questa con il servizio, nonchè tutte le altre circostanze che procedettero, accompagnarono e seguirono le cause dell'infermità.

    3. Come terzo motivo lamenta l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia e sostiene che le mansioni da verificare ai fini della concessione dell'equo indennizzo erano quelle di fatto svolte e non quelle di inquadramento.

    4. Il primo motivo non è fondato.

    Premesso che nel caso si applica il testo dell'art. 115 c.p.c. nel testo anteriore alla modifica apportata con la L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 54, comma 14, che ha esplicitamente previsto il valore della non contestazione della parte convenuta costituita, occorre dare continuità al principio secondo il quale nel rito del lavoro il convenuto, rimasto contumace nel giudizio di primo grado, ben può nell'atto di appello contestare la fondatezza della domanda, nel rispetto delle disposizioni di cui agli artt. 434 e 437 c.p.c.. La previsione dell'obbligo del convenuto di formulare nella memoria difensiva di primo grado, a pena di decadenza, le eccezioni processuali e di merito nonchè di...

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