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Estremi:
Corte Costituzionale, 2018,
  • Fatto

    Ritenuto in fatto

    1.- Con ordinanza del 26 luglio 2017 (reg. ord. n. 195 del 2017), il Tribunale ordinario di Roma, terza sezione lavoro, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3,4, primo comma, 35, primo comma, 76 e 117, primo comma, della Costituzione - questi ultimi due articoli in relazione all'art. 30 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (CDFUE), proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 e adattata a Strasburgo il 12 dicembre 2007, alla Convenzione sul licenziamento n. 158 del 1982 (Convenzione sulla cessazione della relazione di lavoro ad iniziativa del datore di lavoro), adottata a Ginevra dalla Conferenza generale dell'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) il 22 giugno 1982 (e non ratificata dall'Italia) e all'art. 24 della Carta sociale europea, riveduta, con annesso, fatta a Strasburgo il 3 maggio 1996, ratificata e resa esecutiva con la legge 9 febbraio 1999, n. 30 - questioni di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma 7, lettera c), della legge 10 dicembre 2014, n. 183 (Deleghe al Governo in materia di riforma degli ammortizzatori sociali, dei servizi per il lavoro e delle politiche attive, nonché in materia di riordino della disciplina dei rapporti di lavoro e dell'attività ispettiva e di tutela e conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro) e degli artt. 2,3 e 4 del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 23 (Disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183).

    Va precisato che l'ordinanza di rimessione aveva indicato quali disposizioni censurate (in particolare, al secondo rigo del punto 2. e al secondo rigo del dispositivo), oltre all'art. 7, comma 1, lettera c), della legge n. 183 del 2014, gli «artt. 2,4 e 10» del d.lgs. n. 23 del 2015. Su richiesta della ricorrente nel giudizio a quo, il giudice rimettente, con provvedimento del 2 agosto 2017, rilevato che l'ordinanza di rimessione «indica...

  • Diritto

    Considerato in diritto

    1.- Il Tribunale ordinario di Roma, terza sezione lavoro, ha sollevato questioni di legittimità costituzionale: dell'art. 1, comma 7, lettera c), della legge 10 dicembre 2014, n. 183 (Deleghe al Governo in materia di riforma degli ammortizzatori sociali, dei servizi per il lavoro e delle politiche attive, nonché in materia di riordino della disciplina dei rapporti di lavoro e dell'attività ispettiva e di tutela e conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro); e degli artt. 2,3 e 4 del decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 23 (Disposizioni in materia di contratto di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183).

    1.1.- L'art. 1, comma 7, lettera c), della legge n. 183 del 2014, al dichiarato «scopo di rafforzare le opportunità di ingresso nel mondo del lavoro da parte di coloro che sono in cerca di occupazione», delegò il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi, «in coerenza con la regolazione dell'Unione europea e le convenzioni internazionali», nel rispetto dei principi e criteri direttivi della «previsione, per le nuove assunzioni, del contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti in relazione all'anzianità di servizio, escludendo per i licenziamenti economici la possibilità della reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro, prevedendo un indennizzo economico certo e crescente con l'anzianità di servizio e limitando il diritto alla reintegrazione ai licenziamenti nulli e discriminatori e a specifiche fattispecie di licenziamento disciplinare ingiustificato, nonché prevedendo termini certi per l'impugnazione del licenziamento».

    Gli artt. 2,3 e 4 del d.lgs. n. 23 del 2015 - adottato dal Governo nell'esercizio di tale delega - dettano il regime di tutela del lavoratore contro i licenziamenti, rispettivamente, «discriminatorio, nullo e intimato in forma orale» (art. 2), «per giustificato motivo e giusta causa» quando si...

Correlazioni:

Legislazione Correlata (1)

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