1. Con sentenza n. 8893/2015, depositata l'11 gennaio 2016, la Corte di appello di Napoli confermava ia sentenza ai primo grado, con la quale il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere aveva rigettato la domanda di D.C.A. volta alla dichiarazione di illegittimità del licenziamento per giusta causa allo stesso intimato da R.F.I. - Rete Ferroviaria Italiana S.p.A. il 23 febbraio 2012 per avere il dipendente nello svolgimento delle mansioni di addetto al sistema di rilevazione delle presenze in servizio, fatto fittiziamente figurare la propria sul posto di lavoro in diverse giornate dei mesi di novembre e dicembre (OMISSIS), secondo quanto emerso in sede di controlli effettuati dalla datrice di lavoro a mezzo di un'agenzia investigativa.
2. Ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza il lavoratore con cinque motivi, cui la società ha resistito con controricorso, assistito da memoria.
1. Con il primo motivo viene dedotto il vizio di cui all'art. 360 c.p.c., n. 5 per avere il giudice di appello omesso l'esame di un fatto decisivo, individuato nella circostanza che il sistema di rilevazione tramite badge delle presenze del personale amministrativo era stato introdotto in azienda soltanto a partire dal 20/1/2012 e, pertanto, da una data successiva ai fatti oggetto di contestazione disciplinare (novembre/dicembre (OMISSIS)).
2. Con il secondo motivo viene dedotta la violazione e falsa applicazione degli artt. 115,116,210,420 e 437 c.p.c., nonchè dell'art. 2697 c.c., per avere il giudice di appello erroneamente ritenute incontestate circostanze dirimenti, quali la possibilità e l'obbligo del lavoratore di segnalare il proprio orario di entrata o uscita in ufficio, e per avere comunque omesso di compiere al riguardo i necessari accertamenti, dando ingresso alle prove richieste.
3. Con il terzo motivo viene dedotta la nullità della sentenza e del procedimento in relazione alla mancata ammissione della prova testimoniale diretta a dimostrare che ogni scostamento dall'orario di lavoro, da parte del ricorrente, era conosciuto e autorizzato dal suo superiore gerarchico.
4. Con il quarto motivo viene dedotta la violazione e falsa applicazione dell'art. 2043 c.c. per avere il giudice di appello contraddittoriamente prima individuato nella condotta del ricorrente un inadempimento contrattuale e poi qualificato lo stesso quale illecito aquiliano.
5. Con il quinto viene dedotta la violazione e falsa applicazione dell'art. 2043 c.c. e della L. n. 300 del 1970, artt. 2 e 3 per avere la Corte di appello ritenuto legittimo il ricorso ad una agenzia investigativa, sebbene l'accertamento in tal modo compiuto dal datore di lavoro, riguardando il mancato rispetto dell'orario di lavoro o lo scostamento dallo stesso (e cioè non un illecito aquiliano ma un inadempimento...
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