1. La Corte d'Appello di Roma con la sentenza in epigrafe accoglieva l'appello proposto da D.D. nei confronti dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale - ISPRA, già APAT, avverso la sentenza resa tra le parti dal Tribunale di Roma e in riforma di quest'ultima condannava l'ISPRA a pagare al D. la somma di Euro 8.584,17, oltre interessi sulle somme annualmente rivalutate.
2. Il D., che aveva lavorato alle dipendenze dell'ISPRA sino al pensionamento intervenuto in data 30 novembre 2001, aveva agito in giudizio per la monetizzazione delle ferie maturate e non godute alla cessazione del rapporto, pari a 52 giorni.
3. Per la cassazione della sentenza di appello ricorre l'ISPRA prospettando due motivi di ricorso.
4. Resiste il lavoratore con controricorso.
5. Il D. ha depositato memoria in prossimità dell'udienza pubblica.
1. Preliminarmente, vanno disattese le eccezioni di inammissibilità dei motivi del ricorso prospettate dal D. in quanto generiche.
2 Con il primo motivo di ricorso è dedotta la violazione del CCNL EPR 1994/1997, art. 7, comma 13, e del CCNL 1998/01, art. 6, comma 9. Omessa o comunque insufficiente motivazione (in relazione all'art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5.
In ragione delle suddette disposizioni assume il ricorrente non vi è luogo al pagamento di indennità sostitutive delle ferie non godute se non, al momento della cessazione del rapporto, in presenza di esigenze di servizio che abbiano giustificato la mancata prestazione.
A tali esigenze il lavoratore non aveva fatto cenno. Nè poteva ritenersi che gravasse sul datore di lavoro la prova che la prestazione era stata resa per esclusiva volontà del lavoratore e che lo stesso aveva rifiutato di godere delle ferie nel periodo indicato dal datore medesimo.
Quindi, spettava al lavoratore dare tale prova, e comunque era stata prodotta dal datore di lavoro comunicazione con cui il responsabile del servizio trattamento economico del personale attestava che non vi era agli atti del servizio documentazione attestante richiesta di ferie del lavoratore e relativa mancata concessione, mentre risultavano 52 giorni di ferie non godute.
Peraltro, il lavoratore aveva sempre goduto della massima libertà di stabilire i tempi delle proprie presenze in servizio. Ciò, già solo come ricercatore - tecnologo, e ancor più come dirigente di tale profilo, anche solo di prima fascia.
3. Con il secondo motivo di ricorso è dedotta la violazione dell'art. 112 c.p.c., per omessa pronuncia. Violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57 (in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 4).
La sentenza non aveva pronunciato sull'eccezione con cui l'Agenzia aveva evidenziato che la censura avversa - riguardante un preteso e mai dedotto,...
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