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Estremi:
Cassazione civile, 2018,
  • Fatto

    FATTI DI CAUSA

    La Corte di Appello di Bari ha rigettato l'impugnazione proposta dalla società Fratelli di G.G. & C. s.n.c. avverso la sentenza del Tribunale di Foggia con cui era stata accolta la domanda proposta da P.P., + ALTRI OMESSI, in proprio - (rispettivamente, nella qualità: i primi otto di fratelli, la nona di madre e l'ultima di coniuge esercente la potestà sui figli minori P.D., P.L. e P.M.) - nei confronti della società Fratelli di Gervasio Gernone & C. avente ad oggetto il risarcimento del danno per perdita del rapporto parentale sofferto in seguito al decesso del loro congiunto P.A., avvenuto il (OMISSIS) a seguito di un incidente verificatosi nella cava sita nel Comune di (OMISSIS) di proprietà della società G., di cui il defunto era dipendente con mansioni di escavatorista.

    La Corte di Appello, per quanto ancora rileva, ha innanzitutto affermato che non vi era ragione di discostarsi dal principio secondo il quale la domanda di risarcimento dei danni proposta dai congiunti del lavoratore deceduto non iure hereditario ma iure proprio, esulando dalla competenza del giudice del lavoro, restasse devoluta al giudice competente secondo il generale criterio del valore. In secondo luogo, ha confermato la pronuncia del tribunale che aveva liquidato la complessiva somma di Euro 1.695.000,00 in favore dei danneggiati, rilevando che condivisibilmente il giudice di prime cure aveva tenuto conto sia dello specifico rapporto di parentela intercorrente tra i superstiti (rispettivamente: coniuge, figli, madre e fratelli) e la vittima sia dei limiti risarcitori previsti dalle tabelle milanesi nel caso di perdita di congiunto.

    Ai fini della liquidazione ha inoltre precisato che la sentenza di prime cure, sebbene la questione non avesse costituito oggetto di impugnazione, aveva tuttavia "considerato la presenza di nove fratelli e non di...

  • Diritto

    RAGIONI DELLA DECISIONE

    1. Con il primo motivo ("Violazione dei criteri di competenza funzionale previsti in tema di controversie di lavoro - conseguente erronea adozione del rito di cui al procedimento ordinario di cognizione in luogo di quello speciale dettato per il processo del lavoro (art. 360 c.p.c., n. 2)") la società ricorrente lamenta che il giudice di prime cure abbia deciso nel merito la domanda formulata dagli attori jure proprio, disponendo la separazione della domanda di risarcimento dei danni jure hereditario sul rilievo che essa fosse fondata sul contratto di lavoro intercorso tra la vittima ed il datore di lavoro e fosse di competenza del Tribunale in funzione di giudice del lavoro. Contesta la disposta separazione delle cause che quali aspetti di un unico evento plurioffensivo avrebbero meritato di essere trattate dal giudice del lavoro per effetto della vis actractiva della sua competenza funzionale.

    Il motivo è infondato.

    Questa Corte ha già affermato che esula dalla competenza per materia del giudice del lavoro e resta devoluta alla cognizione del giudice competente secondo il generale criterio del valore la domanda di risarcimento dei danni proposta dai congiunti del lavoratore deceduto non jure hereditario, per far valere la responsabilità contrattuale del datore di lavoro dei confronti del loro dante causa, bensì jure proprio, quali soggetti che dalla morte del loro congiunto hanno subito danno e, quindi, quali portatori di un autonomo diritto al risarcimento che ha la sua fonte nella responsabilità extracontrattuale di cui all'art. 2043 c.c. (Cass. Sez. 3, 21/10/2005 n. 20355; Cass. Sez. 3, 20/02/2006 n. 3650).

    Principio correttamente applicato dalla Corte territoriale nella sentenza impugnata.

    2. Con il secondo motivo ("Violazione delle norme di diritto relative all'onere della prova in relazione alla natura aquiliana (tipica) dell'oggetto del giudizio (danno non...

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