1. Con sentenza depositata in data 16 giugno 2005 il Tribunale di Roma, accoglieva in parte l'impugnazione della delibera adottata in data 30 settembre 2004 dall'assemblea della S. Costruttori S.p.a., proposta da alcuni soci della stessa, con riferimento a determinate modificazioni dello statuto sociale, non essendo state approvate con le maggioranze richieste dalla legge e dallo statuto e, per quanto in questa sede maggiormente interessa, escludeva che la mancata concessione di un rinvio, richiesto dai soci di minoranza ai sensi dell'art. 2374 cod. civ., costituisse motivo di invalidità della delibera stessa.
2. La corte di appello di Roma, con la decisione indicata in epigrafe, in accoglimento dell'appello principale proposto da Sa.Pa.r. s.r.l. e da altri soci ha annullato l'intera delibera, ritenendo illegittima la mancata concessione del rinvio richiesto dalla minoranza qualificata. E' stato affermato, in proposito, che la stessa aveva esercitato un diritto potestativo, al quale corrispondeva un preciso dovere di disporre il rinvio, in quanto l'ipotesi di una condotta dilatoria della minoranza era stata considerata dal legislatore, con la previsione di un termine di differimento molto breve.
3. D'altra parte, dall'esame delle vicende dell'assemblea emergeva che lo stesso presidente aveva riconosciuto - proponendo un rinvio ad horas - la sussistenza dell'esigenza di una maggiore informazione, ferma l'insindacabilità della dichiarazione resa al riguardo ai soci richiedenti il rinvio.
4. La Corte ha poi esaminato la questione inerente all'abuso del diritto, svolgendo ampie considerazioni in merito sia alla possibilità per la società di continuare ad operare anche senza l'approvazione delle modifiche statutarie, sia in relazione alla circostanza che "un termine di riflessione per la minoranza non appariva irragionevole", anche in relazione alla fissazione dell'assemblea nell'ultimo giorno utile...
1. Deve preliminarmente disattendersi l'eccezione di inammissibilità del ricorso, sollevata dai controricorrenti in relazione alla dedotta inosservanza dei principi di autosufficienza e di specificità, risultando le censure proposte dalla S. adeguatamente formulate in relazione alle statuizioni impugnate, con particolare riferimento alle norme che si assumono erroneamente applicate nell'impugnata decisione.
2. Con il primo motivo, deducendosi violazione dell'art. 2374 c.c., si sostiene che tale norma, prevedendo il diritto in capo alla minoranza qualificata di chiedere, dichiarando di non essere sufficientemente informati sugli oggetti posti in deliberazione, il rinvio dell'assemblea, postula l'esercizio di tale potere esclusivamente nell'ambito della finalità di perseguire l'interesse protetto. La corte distrettuale avrebbe ritenuto che la mera richiesta di rinvio dell'assemblea dovesse consentire la realizzazione del diritto in questione, laddove la necessaria verifica in merito alla effettività dell'esigenza di maggiori informazioni in merito all'ordine del giorno, nella specie - ad avviso della ricorrente - insussistente per plurime ragioni, avrebbe comportato un giudizio di illegittimità della richiesta, correlata all'abuso del diritto per fini meramente ostruzionistici.
3. Con la seconda censura si denuncia l'omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, vale a dire la circostanza circa la sufficienza delle informazioni di cui disponeva la minoranza in relazione all'ordine del giorno.
4. Con il terzo mezzo si deduce violazione e falsa applicazione dell'art. 1375 c.c., in quanto la richiesta di rinvio dell'assemblea, che in concreto era finalizzata ad ottenere la mancata approvazione della modificazione dello statuto da parte della società, comportava il perseguimento di un fine illecito contrastante con il precetto di comportarsi secondo buona fede e correttezza.
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