Con sentenza n. 41/2015, depositata l'11 giugno 2015, pronunciando in sede di rinvio, a seguito di cassazione - disposta con sent. n. 10732/2011 - di precedente sentenza della Corte d'appello di Campobasso, la Corte d'appello di Napoli rigettava il gravame proposto da S.M. nei confronti della sentenza del Pretore di Napoli che ne aveva respinto il ricorso per l'impugnazione del licenziamento intimatogli in data 27/1/1997, in relazione allo stato di crisi aziendale, dalla S.p.A. EDI.ME., editrice del quotidiano "Il Mattino", di cui il ricorrente era stato redattore. La Corte, ricondotto il recesso datoriale alla fattispecie legale di cui alla L. n. 604 del 1966, art. 3, anzichè ad un'ipotesi di licenziamento collettivo (configurata, invece, nella sentenza cassata), osservava come le ragioni indicate dalla società, e pertanto lo stato di crisi aziendale, con la conseguente necessità di contenimento dei costi, trovassero dimostrazione nel decreto del Ministero del Lavoro che, per il periodo dal 28/1/1995 al 27/1/1997, aveva concesso il trattamento di CIGS e negli accordi successivi che erano intervenuti con il comitato di redazione del quotidiano; nè in senso contrario, rispetto ad una soppressione del posto di lavoro giustificata dal processo in corso di ampia e complessiva riorganizzazione aziendale, poteva rilevare il fatto che la società avesse fatto ricorso a lavoro straordinario e a collaborazioni esterne, il primo essendo insito nel carattere non programmabile a priori del lavoro giornalistico e le seconde rappresentando, per esigenze di elasticità e di contenimento dei costi, una scelta discrezionale del datore di lavoro.
Quanto alla possibilità di una diversa collocazione aziendale, la Corte rilevava come le relative deduzioni fossero inidonee a soddisfare l'onere di allegazione posto a carico del lavoratore; in particolare, osservava, a tale riguardo, che la possibilità di una ricollocazione non poteva...
Deve, in primo luogo, disporsi ex art. 335 cod. proc. civ. la riunione dei ricorsi, di identico contenuto, proposti dal lavoratore nei confronti della medesima sentenza della Corte di appello di Napoli n. 41/2015.
Con il primo motivo viene dedotta violazione e/o falsa applicazione di varie norme di legge (art. 111 Cost.; artt. 115,116,132 e 384 cod. proc. civ.; art. 118 disp. att. cod. proc. civ.; artt. 1175,1345,1375 e 2697 cod. civ.; L. n. 604 del 1966, artt. 3 e 5; L. n. 300 del 1970, art. 18), nonchè motivazione apparente e nullità della sentenza (art. 360 c.p.c., nn. 3 e n. 4), per avere la Corte di merito - qualificata la fattispecie come licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo - considerato sufficiente, ai fini della giustificazione del recesso, la verifica della situazione di crisi aziendale e della necessità di un contenimento dei costi attraverso la contrazione del numero dei giornalisti occupati, senza peraltro accertare, con onere probatorio a carico del datore di lavoro, se il posto occupato dal ricorrente fosse stato realmente soppresso e se non sussistesse la possibilità di impiegare altrove il lavoratore licenziato.
Con il secondo motivo viene dedotta violazione e/o falsa applicazione di norme di legge (art. 111 Cost.; artt. 115,116 e 132 cod. proc. civ.; art. 118 disp. att. cod. proc. civ.; artt. 1352 e 1362 cod. civ.) e di fonte collettiva (art. 34 CNLG), nonchè motivazione apparente e nullità della sentenza (art. 360 c.p.c., n. 3 e n. 4), per avere la Corte erroneamente ritenuto generico, e quindi inammissibile, il motivo di appello relativo all'inefficacia del licenziamento in quanto non preceduto dall'informazione e consultazione del comitato di redazione e comunque per avere affermato, con violazione delle regole di ermeneutica, che il contratto collettivo non prevede che, in occasione dei licenziamenti, sia obbligatorio richiedere il parere preventivo...
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