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Estremi:
Cassazione civile, 2017,
  • Fatto

    FATTI DI CAUSA

    1. Il Tribunale di Firenze, con sentenza del 12 marzo 2013, ha dichiarato illegittimo il licenziamento intimato a P.S. il 4 marzo 2011 dalla Tessilform Spa per giustificato motivo oggettivo, con le pronunce reintegratorie e patrimoniali conseguenti all'applicazione della L. n. 300 del 1970, art. 18, nella formulazione antecedente alla L. n. 92 del 2012.

    Il Tribunale ha ritenuto in primo luogo "l'insussistenza del requisito dell'effettività delle opzioni di gestione sottese al recesso datoriale" sulla base di una serie di indici fattuali; in secondo luogo ha considerato che "a fronte di un corretto adempimento (da parte della lavoratrice) degli oneri di allegazione delle specifiche posizioni, anche inferiori, nelle quali operare un eventuale ricollocamento, è invero mancato, da parte datoriale, l'assolvimento dei correlati obblighi".

    Quanto all'aliunde perceptum il Tribunale ha scomputato dal dovuto dell'azienda "le somme percepite dalla ricorrente a titolo di compenso dalla B. dal dicembre 2011 all'ottobre 2012" nonchè l'indennità di mancato preavviso.

    Con ordinanza ex art. 348 bis c.p.c., del 6 febbraio 2014 la Corte di Appello di Firenze ha dichiarato l'inammissibilità del gravame proposto dalla società per difetto di "ragionevoli probabilità di essere accolto".

    2. Per la cassazione della sentenza del Tribunale ha proposto ricorso ex art. 348 ter c.p.c., comma 3 - che consente di adire il giudice di legittimità "contro il provvedimento di primo grado" allorquando sia pronunciata in grado di appello ordinanza di inammissibilità - la Tessilform Spa con quattro motivi. Ha resistito P.S. con controricorso.

    Entrambe le parti hanno depositato memorie ex art. 378 c.p.c..

  • Diritto

    RAGIONI DELLA DECISIONE

    1. Con il primo motivo di ricorso si denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 41 Cost., L. n. 604 del 1966, art. 3, L. n. 183 del 2010, art. 30, comma 1, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, censurando le argomentazioni del Tribunale in ordine alla rilevata mancanza di effettività circa le ragioni che avevano determinato il licenziamento della P.. Si lamenta che il decidente avrebbe sindacato nel merito le scelte organizzative della società in violazione dell'art. 41 Cost., che sancisce la libertà di impresa. Si sostiene che, in base alla L. n. 604 del 1966, art. 3, "il controllo giudiziale è... limitato all'esistenza della modifica organizzativa, quale presupposto di legittimità del licenziamento, mentre tutto ciò che la precede esula dai fatti costitutivi del recesso".

    L'articolato motivo di gravame non può trovare accoglimento in quanto la sentenza impugnata non è, nei suoi esiti applicativi, in contrasto con l'orientamento giurisprudenziale di legittimità cui questa Corte ha dato di recente continuità, al fine di consolidarlo, con la pronuncia n. 25201 del 7 dicembre 2016, esprimendo un principio di diritto che va qui ribadito.

    In tale decisione si è statuito che, "ai fini della legittimità del licenziamento individuale intimato per giustificato motivo oggettivo ai sensi della L. n. 604 del 1966, art. 3, l'andamento economico negativo dell'azienda non costituisce un presupposto fattuale che il datore di lavoro debba necessariamente provare ed il giudice accertare", sì da assurgere "a requisito di legittimità intrinseco" al recesso "ai fini dell'integrazione della fattispecie astratta", escludendo così che la tipologia di licenziamento in discorso possa dirsi giustificata solo in situazioni di crisi d'impresa.

    E' piuttosto "sufficiente che le ragioni inerenti all'attività produttiva ed all'organizzazione del lavoro", le quali devono essere...

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