Con sentenza del 28/7/2014 la Corte d'appello di Roma, in riforma della decisione emessa dal Tribunale della stessa sede, accoglieva la domanda proposta da D.A.R., avviata obbligatoriamente al lavoro ex L. n. 68 del 1999, contro la datrice di lavoro Eco Vit s.r.l. ed intesa alla dichiarazione di nullità, illegittimità o inefficacia del patto di prova per indeterminazione delle mansioni affidate, nonchè di illegittimità dell'atto di recesso, in quanto irrogato in mancanza di idonea motivazione.
Nel pervenire a tali conclusioni la Corte d'appello osservava, per quanto qui rileva, che il requisito di specificità del patto di prova non poteva ritenersi rispettato mediante il rinvio al contratto collettivo e allo svolgimento delle mansioni di operatore ecologico di primo livello. Infatti il C.C.N.L. 2003, art. 14, applicabile alla fattispecie ratione temporis, prevedeva che il personale dipendente fosse inquadrato in un sistema di classificazione unica per Aree operativo funzionali, articolato in otto livelli professionali. Nell'ottica descritta, il richiamo contenuto nel contratto inter partes al contratto collettivo di settore, pur se astrattamente ammissibile, nello specifico non consentiva di comprendere, ex ante, a quali mansioni fosse stata adibita la lavoratrice e su quali attività lavorative dovesse svolgersi la prova.
Avverso tale decisione la Eco Vit s.r.l. propone ricorso per cassazione sostenuto da due motivi.
Resiste con controricorso la parte intimata.
1. Con il primo e il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 2096 c.c., dell'art. 1362 c.c. e dell'art. 14 C.C.N.L. nettezza urbana in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
Si critica, in sintesi, l'impugnata sentenza, per avere ritenuto non specificamente definite le mansioni indicate nel contratto di lavoro e, di conseguenza, invalido il patto di prova, non essendo consentito il rinvio per relationem alle declaratorie del contratto collettivo delle mansioni oggetto del patto stesso, se non nella nozione più dettagliata. Si deduce, per contro, che allorquando si verta in ipotesi di lavoro tipizzato nella esecuzione, le mansioni non devono essere indicate in dettaglio, essendo sufficiente che siano determinabili sulla base della formula adoperata in sede contrattuale, in tal senso criticandosi l'erronea applicazione dei criteri ermeneutici di interpretazione del contratto collettivo di settore disposta dai giudici dell'impugnazione.
2. I motivi, che possono congiuntamente esaminarsi siccome connessi, non sono meritevoli di accoglimento.
La struttura argomentativa che innerva la pronuncia impugnata fa corretta applicazione del dato normativo di cui all'art. 2096 c.c., nei termini ritenuti dalla giurisprudenza di questa Corte, alla quale si intende dare continuità.
Occorre, in via di premessa osservare che la Corte Costituzionale, in risalenti approdi (v. Corte Cost. 16/5/1989 n. 255), ha dato il proprio avallo a quella giurisprudenza di legittimità che si era espressa nel senso della legittimità della previsione di un patto di prova nel contratto di lavoro stipulato con un invalido, ai sensi della normativa sulle assunzioni obbligatorie, confermando che l'esperimento deve riguardare mansioni compatibili con lo stato di invalidità o di minorazione fisica del lavoratore; che la valutazione dell'esito della prova non...
Caricamento in corso...
Caricamento in corso...