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Estremi:
Cassazione civile, 2017,
  • Fatto

    SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

    1 - La Corte di Appello di Bologna, in riforma della sentenza del Tribunale di Rimini che aveva respinto il ricorso, ha dichiarato l'illegittimità del licenziamento intimato il 19 settembre 2007 dalla Gentili s.p.a. a D.G.C. e ha condannato la società a reintegrare l'appellante nel posto di lavoro in precedenza occupato e a corrispondere allo stesso, a titolo di risarcimento del danno, le retribuzioni maturate dalla data del recesso sino alla effettiva reintegra, detratto l'aliunde perceptum e fermo il limite minimo delle cinque mensilità di cui della L. n. 300 del 1970, art. 18, comma 5.

    2 - La Corte territoriale ha premesso che il D.G. era stato licenziato per riduzione di personale e che nella successiva lettera del 19 novembre 2007 la società, in risposta alla impugnativa di licenziamento, aveva precisato che la scelta era caduta sull'appellante in quanto la zona al medesimo assegnata non aveva espresso le potenzialità presunte ed era stata riconsegnata ad altro venditore esperto. Il giudice di appello ha evidenziato che:

    a) la produzione documentale smentiva quanto asserito dalla Gentili in relazione alla situazione sfavorevole che aveva reso necessaria la riorganizzazione del settore commerciale, atteso che il bilancio si era chiuso con un aumento del fatturato al 31 dicembre 2007 e che nella relazione di accompagnamento era stata sottolineata la crescita dei ricavi di vendita, derivata dalla incorporazione di altra società;

    b) la pacifica riduzione delle vendite nella zona di Pesaro non giustificava il licenziamento, perchè la società non aveva deciso di sopprimere il posto di lavoro relativo a detta zona, ma solo di assegnare la stessa ad altro dipendente;

    c) la insussistenza del giustificato motivo oggettivo, di carattere assorbente, rendeva non necessario l'esame degli ulteriori motivi di appello inerenti la genericità della...

  • Diritto

    MOTIVI DELLA DECISIONE

    1.1 - Con il primo motivo la Gentili s.p.a. denuncia "violazione e/o errata interpretazione ed applicazione dell'art. 41 Cost., L. n. 604 del 1966, art. 3 e art. 116 c.p.c.". Sostiene la ricorrente che il Giudice, ove chiamato a valutare la legittimità del licenziamento per giustificato motivo oggettivo, deve solo accertare la effettività della scelta organizzativa e il nesso causale fra la decisa riorganizzazione e il recesso della cui legittimità si discute, non potendosi spingere ad esprimere giudizi di opportunità, utilità, necessità in merito alla scelta medesima. Aggiunge che non è necessario che sussista una situazione di difficoltà o di crisi aziendale, sicchè la Corte territoriale avrebbe dovuto valorizzare solo la effettività della riorganizzazione del settore commerciale, che aveva coinvolto tutto il personale ivi addetto, con ridistribuzione delle mansioni e riduzione complessiva di tre unità. Evidenzia che al D.G. erano state offerte mansioni equivalenti, di magazziniere o di autista, che lo stesso aveva rifiutato e che la assegnazione della zona ad altro venditore era conseguenza della necessità di individuare il personale da licenziare nel rispetto dei principi di correttezza e buona fede, che impongono di valorizzare la anzianità di servizio e il bagaglio professionale dei dipendenti assegnati alla stessa funzione. Infine censura la sentenza impugnata per avere erroneamente valutato la prova testimoniale e la documentazione prodotta, dalle quali emergevano, oltre alla effettività del processo organizzativo, la perdita del mercato di (OMISSIS) per la commercializzazione dei carrelli Linde, il crollo delle vendite nell'area di (OMISSIS) e l'aumento dell'esposizione bancaria.

    1.2 - Il secondo motivo censura la sentenza impugnata per "violazione e/o falsa applicazione del disposto di cui all'art. 112 c.p.c. (vizio di ultrapetizione), dell'art. 1218 c.c. e della L. n. 300 del...

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