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Estremi:
Cassazione civile, 2017,
  • Fatto

    SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

    p. 1. - G.E. ha convenuto in giudizio dinanzi al Tribunale di Roma la Banca Popolare di Cremona S.p.A., oggi Banco Popolare Soc. coop., nonchè la Banca d'Italia, e, agendo in forza del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 152, ha chiesto disporsi l'immediata cancellazione del suo nominativo dalla Centrale Rischi, categoria "sofferenze", ivi inserito a seguito di illegittima segnalazione effettuata dalla banca convenuta, oltre al risarcimento danni e alle spese.

    p.2. - Nel contraddittorio con la Banca Popolare di Cremona S.p.A. e con la Banca d'Italia, che hanno con argomenti diversi resistito alla domanda, il Tribunale adito l'ha respinta, ritenendo, in breve, che la segnalazione fosse stata legittimamente effettuata, essendo incontestata l'erogazione di somme da parte della banca e la restituzione non integrale di esse.

    p.3. - Contro la sentenza G.E. ha proposto ricorso per cassazione per tre mezzi, cui hanno resistito sia la Banca Popolare di Cremona S.p.A. che la Banca d'Italia, e che questa Corte, con sentenza del 10 aprile 2009, numero 7958, ha accolto limitatamente ai primi due motivi, assorbito il terzo, cassando la sentenza e rinviando.

    La cassazione, in particolare, è stata disposta sul rilievo che il Tribunale non aveva correttamente individuato il presupposto della segnalazione a sofferenza da effettuarsi in base ad una valutazione da parte dell'intermediario della complessiva situazione finanziaria del cliente, valutazione - da rapportarsi ad una nozione levior rispetto a quella dell'insolvenza fallimentare, insolvenza così da concepire lo stato di e le situazioni equiparabili intermini di valutazione negativa di una situazione patrimoniale apprezzata come deficitaria, ovvero, in buona sostanza, di grave (e non transitoria) difficoltà economica - che non può scaturire automaticamente da un mero ritardo nel pagamento del debito, mentre ciò che rileva...

  • Diritto

    MOTIVI DELLA DECISIONE

    p. 6. - Il ricorso principale contiene un solo motivo svolto sotto la rubrica: "Violazione e/o falsa applicazione da parte del Tribunale di Roma del combinato disposto dell'art. 2050 c.c. e D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 15. Sull'erronea esclusione, da parte del Tribunale di Roma, della responsabilità risarcitoria della Banca Popolare di Cremona. Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5)".

    Il motivo, che si protrae da pagina 8 a pagina 19, è in breve volto a sostenere che il Tribunale, una volta riconosciuta l'illegittimità della segnalazione a sofferenza, avrebbe dovuto condannare la Banca Popolare di Cremona S.p.A., oggi Banco Popolare Soc. coop., al risarcimento dei danni, in applicazione dell'art. 2050 c.c., ponendo esso una fattispecie di responsabilità oggettiva e dovendosi considerare il danno, ivi compreso quello all'immagine e alla reputazione, in re ipsa, comunque comprovato dal testimoniale ed in ogni caso suscettibile di liquidazione equitativa.

    p.7. - Il ricorso principale è infondato.

    Erra anzitutto doppiamente il ricorrente nel porre l'accento sull'assunto secondo cui la responsabilità per attività pericolosa di cui all'art. 2050 c.c., alla luce della giurisprudenza di questa Corte, costituirebbe ipotesi di responsabilità oggettiva:

    -) per un verso, infatti, l'indirizzo prevalente (il quale fa leva sulla prova liberatoria prevista dalla norma, ossia la prova di aver adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno, e trova conforto nella relazione al codice civile) è nel senso opposto (di recente Cass. 20 maggio 2016, n. 10422; Cass. 22 settembre 2014, n. 19872; nel senso dell'inquadramento della responsabilità per l'esercizio di attività pericolose nell'ambito della responsabilità oggettiva si rinviene Cass. 17 dicembre 2009, n. 26516, sulla scia di Cass. 4 maggio 2004, n. 8457);

    -)...

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