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Estremi:
Cassazione civile, 2017,
  • Fatto

    SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

    A.C. conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di Velletri la s.p.a. C.F. chiedendo dichiararsi l'illegittimità del licenziamento disciplinare irrogato in data 27/10/2008 con gli effetti reintegratori e risarcitori sanciti dall'art.18 1.300/70. Deduceva al riguardo, di esser stata licenziata a seguito di lettera di contestazione con cui era stata accusata di aver serbato un comportamento diffamatorio nei confronti della parte datoriale. L'atto di incolpazione concerneva l'avvenuta sottoscrizione in data 8/11/07 di un esposto indirizzato alla Procura della Repubblica di Velletri e al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, con cui aveva duramente criticato la società F. perchè, malgrado fosse in continua crescita economica, aveva fatto ricorso impropriamente a procedure di CIGS e di mobilità realizzando gli estremi di una truffa a danno dello stato.

    La convenuta, costituitasi, resisteva alla domanda e spiegava ricorso incidentale con cui instava per la condanna di controparte al risarcimento del danno all'immagine risentito per il comportamento diffamatorio assunto dalla lavoratrice.

    Il giudice adito respingeva entrambi i ricorsi con pronuncia che veniva riformata dalla Corte distrettuale. Con sentenza resa pubblica il 20/5/2013, veniva infatti accolto il ricorso della lavoratrice e rigettato l'appello incidentale spiegato dalla società. Nel proprio percorso argomentativo, il giudice dell'impugnazione rimarcava, in estrema sintesi, che la A., con l'esposto sottoscritto, aveva attinto a circostanze già discusse in sede aziendale e sindacale; che non aveva inciso in alcun modo sulla comunicazione mediatica e sulle dinamiche endoaziendali, dato il lungo tempo trascorso fra l'invio dell'esposto (8/11/2007) e quello della lettera di contestazione (12/9/2008); che tale esposto si risolveva nella sottoposizione alle autorità competenti, della richiesta di vaglio...

  • Diritto

    MOTIVI DELLA DECISIONE

    1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2104 e 2105 c.c., in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

    Si duole che la Corte di merito abbia trascurato di considerare che le frasi sottoscritte dalla dipendente esulavano dai limiti dell'esercizio di un legittimo potere di critica, contrastando con i doveri fondamentali di diligenza e di fedeltà che governano l'adempimento della prestazione lavorativa e travalicando i canoni della verità oggettiva e della continenza formale che delimitano l'esercizio del menzionato diritto.

    2. Con la seconda censura, la ricorrente denuncia violazione o falsa applicazione dell'art. 2119 c.c., ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

    Deduce che l'esercizio improprio del diritto di critica da parte della lavoratrice, tradottosi in una serie di affermazioni rivelatesi del tutto infondate, abbiano screditato l'immagine della società vulnerando irrimediabilmente il vincolo fiduciario sotteso al rapporto di lavoro.

    3. Con il terzo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

    Si lamenta che il giudice dell'impugnazione, erroneamente valutando il compendio probatorio acquisito, abbia del tutto tralasciato di considerare che le ispezioni provocate dall'esposto sottoscritto dalla lavoratrice, avevano tutte sortito esiti negativi e che il procedimento penale era stato oggetto di archiviazione da parte della Procura di Velletri.

    4. I motivi, che possono congiuntamente esaminarsi per presupporre la soluzione di questioni giuridiche connesse, sono privi di fondamento.

    Occorre premettere, per un corretto inquadramento della fattispecie qui scrutinata, che questa Corte ha più volte affermato il principio alla cui stregua l'obbligo di fedeltà, la cui violazione può...

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