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Estremi:
Cassazione civile, 2016,
  • Fatto

    SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

    1.- Con sentenza del 29 maggio 2015 la Corte di Appello di Firenze, in riforma della pronuncia di primo grado, accertata l'illegittimità del licenziamento intimato a T.F.P. in data 11 giugno 2013 dalla Riva del Sole Spa per giustificato motivo oggettivo, ha dichiarato risolto il rapporto di lavoro e condannato la società a corrispondere al lavoratore 15 mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto.

    La Corte territoriale, pur escludendo l'illiceità del recesso asseritamente "pretestuoso", non ha tuttavia condiviso l'assunto del primo giudice che aveva invece considerato legittimo il licenziamento in quanto "effettivamente motivato dall'esigenza tecnica di rendere più snella la cd. catena di comando e quindi la gestione aziendale".

    La Corte ha sostenuto che, in mancanza di prova da parte del datore di lavoro dell'esigenza di fare fronte a sfavorevoli e non meramente contingenti situazioni influenti in modo decisivo sulla normale attività produttiva ovvero per sostenere notevoli spese di carattere straordinario, ogni riassetto dell'impresa "risulta motivato soltanto dalla riduzione dei costi e, quindi, dal mero incremento del profitto". La Corte, quindi, in difetto della suddetta prova gravante sulla società, non reputando "sufficiente la dimostrazione dell'effettività della riorganizzazione", ha tratto la conseguenza, ritenendo assorbita ogni altra questione quale l'obbligo di repechage, della non ricorrenza di un giustificato motivo oggettivo di licenziamento.

    2.- Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso Riva del Sole Spa con quattro motivi. Ha resistito con controricorso l'intimato. Entrambe le parti hanno depositato memorie ex art. 378 c.p.c..

  • Diritto

    MOTIVI DELLA DECISIONE

    3.- Con il primo motivo di ricorso si denuncia violazione e falsa applicazione della L. 15 luglio 1966, n. 604, artt. 3 e 5, in relazione all'art. 41 Cost..

    Si lamenta che la Corte territoriale, pur avendo riconosciuto la non pretestuosità della soppressione della carica di direttore operativo della società e la sua effettività, nel senso dell'esigenza tecnica di rendere più snella la cd. catena di comando e quindi la gestione aziendale, abbia ritenuto necessario un ulteriore elemento per rendere giustificato il licenziamento, e cioè l'esigenza di "far fronte a sfavorevoli e non meramente contingenti situazioni influenti in modo decisivo sulla normale attività produttiva ovvero per sostenere notevoli spese di carattere straordinario". Sottolineando che nella specie il riassetto organizzativo non aveva comunque il mero scopo di trarre un maggior profitto, bensì di rendere più efficiente e funzionale la gestione dell'azienda, si invoca l'art. 41 Cost. letto come "quel principio per cui l'imprenditore è libero, pur nel rispetto della legge, di assumere quelle decisioni atte a rendere più funzionale ed efficiente la propria azienda, senza che il giudice possa entrare nel merito della decisione". Si argomenta che "concedere" all'imprenditore "la possibilità di sopprimere una specifica funzione aziendale solo in caso di crisi economica finanziaria e di necessità di riduzione dei costi rappresenti un limite gravemente vincolante l'autonomia di gestione dell'impresa, garantito costituzionalmente".

    Con il secondo motivo si denuncia ancora violazione e falsa applicazione della L. 15 luglio 1966, n. 604, artt. 3 e 5, in relazione all'art. 41 Cost..

    Sì sostiene che, anche ove la soppressione della funzione fosse stata dettata da una mera scelta di più economica gestione dell'impresa, tale decisione aziendale sarebbe comunque legittima, in quanto attinente alla libertà economica...

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