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Estremi:
Cassazione civile, 2016,
  • Fatto

    SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

    1. - P.L. - dopo aver esposto di aver lavorato alle dipendenze dell'INPS fino al 1/3/2001, data di collocamento a riposo, rivestendo l'8^ qualifica funzionale fino al 30/9/1999 e la posizione giuridica C4 dal 1/10/1999; di aver svolto le mansioni di capo ufficio dal 1/7/1998 e di visto riconosciuta in sede giudiziale, da una sentenza della Corte d'appello di Roma n. 5568/2007, il suo diritto all'indennità di funzione prevista dalla L. n. 88 del 1989, art. 15 e CCDE 1996 per il periodo dal 1/7/1998 all'1/3/2001 e per la qualifica di capo ufficio, in luogo di quella di vice capo ufficio formalmente riconosciuta dall'Inps1e l'assegno di garanzia della retribuzione - adiva il Tribunale di Roma chiedendo la condanna dell'Istituto alla riliquidazione del trattamento di quiescenza (indennità di buonuscita) e del trattamento pensionistico integrativo, mediante computo nella base di calcolo dell'emolumento sopra detto nella misura differenziale rispetto a quella percepita.

    2. - Il giudice accoglieva la domanda e l'appello dell'Istituto -

    limitato al riconoscimento del diritto della P. alla riliquidazione della pensione integrativa con inserimento nella base di calcolo dell'indennità di funzione quale capo ufficio era rigettato, con sentenza depositata il 9 ottobre 2012, dalla Corte d'appello di Roma.

    3. - La Corte romana riteneva che le somme ricevute nello svolgimento di mansioni superiori rientravano nel concetto di "retribuzione" spettante ai sensi dell'art. 21 e dell'art. 5 del Regolamento per il trattamento di previdenza e quiescenza del personale impiegatizio dell'INPS del 12/6/1970. Disattendeva così la tesi dell'Istituto secondo cui il trattamento integrativo a carico del fondo doveva essere calcolato in base alla retribuzione relativa ...

  • Diritto

    MOTIVI DELLA DECISIONE

    1. - Con il ricorso, articolato in tre motivi, l'Istituto ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 5, 21 e 27 del Regolamento per il trattamento di previdenza e quiescenza del personale a rapporto di impiego dell'INPS, della L. 20 marzo 1975, n. 70, art. 13 del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 52 e infine della L. n. 144 del 1999, art. 64. L'Inps osserva che, ai sensi dell'art. 5 del Regolamento per il trattamento di previdenza e quiescenza del personale (in vigore sino al 30/9/1999), per retribuzione utile ai fini del calcolo delle prestazioni erogate dal Fondo, doveva intendersi unicamente lo stipendio lordo, eventuali assegni personali ed altre competenze a carattere fisso e continuativo; che l'espressione stipendio, ai sensi dell'art. 5 citato, definiva solo quella parte della retribuzione complessiva collegata alla qualifica (stipendio tabellare) ed all'anzianità effettivamente possedute (costituenti il "trattamento fondamentale"), senza comprendere tutte le indennità ed i compensi corrisposti a titolo di trattamento accessorio; che le differenze retributive per mansioni superiori non erano emolumenti collegati alla qualifica di appartenenza ed all'anzianità ma erano voci retributive autonome, collegate alla effettività ed alla durata della prestazione di fatto di determinate mansioni superiori. Pertanto tali voci non potevano rientrare nel concetto di retribuzione pensionabile ai sensi dell'art. 5 del Regolamento.

    2. - Il ricorso - i cui motivi possono essere esaminati congiuntamente - è fondato. La questione è stata di recente riesaminata da questa Corte con la sentenza del 20 maggio 2015, n.10378, che ha ripercorso e così confermato quanto già statuito da Cass., 14 luglio 2008, n. 19296, ed a cui questo Collegio intende dare...

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