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Estremi:
Cassazione civile, 2015,
  • Fatto

    SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

    1.- La sentenza attualmente impugnata (depositata il 24 settembre 2012), in parziale accoglimento dell'appello proposto dalla GOING s.p.a., riforma la pronuncia di primo grado nella parte in cui aveva riconosciuto la nullità del licenziamento - qualificato come ritorsivo - intimato il 16 dicembre 2008 dalla suddetta società a E.F. e, ritenendo comunque illegittimo il recesso perchè ingiustificato, condanna il datore di lavoro al risarcimento del danno commisurato a sei mensilità della retribuzione globale di fatto in applicazione della L. n. 604 del 1966, art. 8, stante l'insussistenza del requisito dimensionale per la tutela reale L. n. 300 del 1970, ex art. 18, oltre al risarcimento del danno ulteriore per le modalità ingiuriose di adozione del licenziamento stesso già liquidato dal giudice di prima istanza, con accessori di legge.

    La Corte d'appello di Milano, per quel che qui interessa, precisa che:

    a) non è ravvisabile la violazione della disciplina di cui alla L. n. 300 del 1970, art. 7, in quanto il datore di lavoro aveva regolarmente proceduto alla contestazione cui era seguito il recesso, a nulla rilevando gli episodi antecedenti la formale contestazione, tanto più che, in ogni caso, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, l'eventuale fondatezza del vizio in questione determinerebbe non già la nullità ma la mera annullabilità del licenziamento;

    b) il licenziamento in oggetto non è configurabile come discriminatorio o per rappresaglia - da intendere "quale licenziamento intimato arbitrariamente per comportamenti legittimi del lavoratore e non oggetto di contestazione" - in quanto nel caso di specie l'azienda ha espressamente risolto il rapporto di lavoro addebitando al dipendente un comportamento...

  • Diritto

    MOTIVI DELLA DECISIONE

    1 - Sintesi dei motivi di ricorso.

    1.- Il ricorso è articolato in tre motivi.

    1.1.- Con il primo motivo si denunciano: a) nullità della sentenza e del procedimento per violazione degli artt. 132 e 115 c.p.c.; b) violazione e falsa applicazione della L. n. 108 del 1990, art. 3, dell'art. 2119 c.c., e della L. n. 300 del 1970, art. 18, per avere la Corte di appello escluso il carattere discriminatorio o di rappresaglia del licenziamento intimato al ricorrente in virtù di motivazione apparente, omettendo del tutto di considerare che il recesso era stato intimato proprio dalle persone fisiche attinte dai rilievi critici svolti nella relazione in contestazione, onde l'iniziativa assunta dagli amministratori della società costituiva la reazione diretta e contraria alle accuse mosse nello scritto ed assumeva senz'altro carattere ritorsivo, non dovendosi confondere la fedeltà e lealtà nei confronti del datore di lavoro (inteso come soggetto giuridico) dalla difesa degli interessi dei singoli amministratori; il riconoscimento della natura ritorsi va del recesso avrebbe comportato l'applicazione della tutela L. n. 300 del 1970, ex art. 18, a prescindere dall'insussistenza del requisito dimensionale.

    1.2.- Con il secondo motivo si denunciano: a) nullità della sentenza e del procedimento per violazione degli artt. 132 e 115 c.p.c.; b) falsa applicazione della L. n. 300 del 1970, art. 7, in relazione agli artt. 2119, 1418 e 1375 c.c., e alla L. n. 108 del 1990, art. 3;

    c) con conseguente violazione e falsa applicazione del combinato disposto della L. n. 604 del 1966, artt. 1, 3, e 5, e della L. n. 300 del 1970, art. 18: erronea sussunzione del fatto in concreto accertato nell'ipotesi normativa applicata, per avere la Corte di appello escluso la violazione della...

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