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Estremi:
Cassazione civile, 2014,
  • Fatto

    SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

    Con sentenza 8 agosto 2008, la Corte d'appello di Brescia rigettava l'appello proposto da Nuova Sacelit s.r.l. avverso la sentenza di primo grado, che l'aveva condannata al pagamento, in favore di G.G., della somma di Euro 28.784,00 (oltre interessi legali, rivalutazione, spese di C.t.u. e processuali: queste ultime in misura di metà, compensate nel resto), a titolo di risarcimento del danno biologico e morale sofferto per fibrosi polmonare diffusa conseguente ad inalazione di fibre di amianto, cui attribuiva un'invalidità pari al 15%, dipendente dall'omissione colposa di misure di sicurezza idonee alla prevenzione e diminuzione delle polveri di amianto, presenti sul luogo di lavoro in ragione dell'attività produttiva della società datrice, alle cui dipendenze egli aveva lavorato dal 1955 al 1987. In esito ad illustrazione dell'evoluzione storica della conoscenza degli effetti dell'esposizione ad amianto, nonchè a critico ed argomentato esame delle risultanze istruttorie e della C.t.u. medico - legale, diffusamente richiamata, la Corte territoriale riteneva la prova:

    dell'eziopatogenesi professionale della fibrosi polmonare contratta da G.G.; del nesso causale tra sua insorgenza e durata e quantità di esposizione alle polveri di amianto del lavoratore (per trentadue anni addetto a mansioni varie, tra le quali:

    miscelazione, produzione di lastre, carico e scarico di tubi sul piazzale); dell'omissione dalla società datrice delle misure di sicurezza all'epoca adottabili in base allo stato delle conoscenze tecniche (segregazione degli ambienti polverosi, installazione di impianti di aspirazione adeguati, abbattimento delle polveri con l'umidificazione), in violazione dell'art. 2087 c.c. e D.P.R. n. 303 del 1956, art....

  • Diritto

    MOTIVI DELLA DECISIONE

    Con il primo motivo la società ricorrente deduce omessa motivazione sul fatto decisivo e controverso della impossibilità di prevenzione dell'asbestosi (nella fase iniziale definita fibrosi polmonare diffusa) negli anni anteriori al 1978 (e pertanto all'epoca di esposizione di G.G. all'amianto), sulla base di documentati studi in ordine ai valori limite di soglia per la concentrazione delle fibre di amianto negli ambienti lavorativi per protezione dei lavoratori, via via sempre più bassi e progressivamente recepiti nella normativa interna fino al definitivo divieto, con L. n. 257 del 1992, di estrazione, importazione, esportazione, commercializzazione e produzione dell'amianto (e di suoi prodotti o nei quali contenuto), oggetto di specifica allegazione nel giudizio di appello non considerata dalla Corte bresciana. Con il secondo, la società ricorrente deduce omessa motivazione sul fatto decisivo e controverso dell'impossibilità di prevenzione delle placche pleuriche all'epoca di esposizione (anni 1955 - 1987) di G.G. all'amianto, sulla base di autorevole studio del prof. C. (secondo cui, in particolare, il mesotelioma e dette placche causati non da tutte le fibre inalate, come l'asbestosi, ma soltanto da quelle ultrafini, nè visibili nè eliminabili con le misure disponibili fino alla seconda metà degli anni ottanta) prospettato nel proprio atto di appello, non puntualmente disatteso dalla sentenza impugnata, sulla scorta delle conclusioni della C.t.u. (secondo cui tutte le fibre di asbesto, di qualunque tipo e lunghezza, in grado di determinare le placche pleuriche), senza debita confutazione argomentativa. Entrambi i motivi, relativi ad omessa motivazione sull'impossibilità di prevenzione rispettivamente...

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