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Estremi:
Cassazione civile, 2014,
  • Fatto

    SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

    1.- La Corte di Appello di Palermo, con sentenza del 26 giugno 2013, riformando la pronuncia di primo grado, ha dichiarato l'illegittimità del licenziamento intimato dalla Sunfood s.r.l. nei confronti di B.P. in data 12 gennaio 2008, condannando la società a reintegrarlo nel posto di lavoro ed a risarcirgli il danno subito.

    La Corte territoriale ha riformato la sentenza del primo giudice per non aver considerato che il B. era stato assunto come soggetto invalido avviato al lavoro tramite le apposite liste di collocamento dei disabili e che, per tale qualità, il recesso poteva ritenersi legittimo solo in presenza delle condizioni previste dalla L. n. 68 del 1999, art. 10.

    Poichè la valutazione in ordine alla definitiva impossibilità di reinserire il disabile all'interno dell'azienda, anche attuando i possibili adattamenti all'organizzazione del lavoro, è riservata esclusivamente alla Commissione di cui all'art. 10, comma 3, di detta legge, secondo la sentenza qui impugnata la Sunfood S.r.l. avrebbe potuto validamente intimare il recesso soltanto nel caso in cui l'organo sanitario avesse ravvisato tale impossibilità.

    La Corte palermitana, dunque, constatato che la datrice di lavoro aveva adottato il provvedimento risolutivo sulla base di una propria valutazione del giudizio espresso dal Comitato tecnico provinciale per l'inserimento dei disabili e dal medico competente aziendale, ha dichiarato illegittimo il licenziamento.

    2.- Il ricorso della Sunfood Srl ha domandato la cassazione della sentenza per due motivi. Ha resistito l'intimato con controricorso.

  • Diritto

    MOTIVI DELLA DECISIONE

    1.- Con il primo motivo di ricorso, si denuncia, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione o falsa applicazione dell'art. 434 c.p.c. nonchè vizi di motivazione ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

    Ci si duole che, nonostante l'eccezione preliminarmente formulata dalla società appellata di inammissibilità del gravame "per mancanza di specifici motivi e/o per ripetitività dell'atto rispetto al ricorso introduttivo di primo grado", la Corte territoriale l'abbia disattesa sull'inadeguato assunto che l'appellata aveva "svolto una difesa analitica e completa".

    Il motivo, così come formulato, è inammissibile.

    La società ricorrente - che ha erroneamente rubricato il vizio prospettato come error in judicando e come difetto di motivazione, anzichè come vizio di nullità afferente l'attività svolta nel processo ascrivibile al paradigma dell'error in procedendo ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4) - ha, infatti, violato il principio dell'autosufficienza del ricorso per cassazione oramai canonizzato nell'art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6).

    Invero ha omesso di indicare specificamente i contenuti dell'atto processuale - nella specie l'appello della controparte - su cui fonda la doglianza di difetto di specificità dei motivi di impugnazione.

    Si limita a riportarne stralci, al solo fine di una comparazione con l'originario ricorso introduttivo ma che non consente una valutazione compiuta dei motivi d'appello per sindacarne l'asserita insufficienza in modo complessivo, impedendo così, in mancanza della descrizione del fatto processuale, di procedere alla preliminare verifica di ammissibilità del motivo di ricorso mediante accertamento della rilevanza e decisività del vizio denunciato rispetto alla pronuncia impugnata per cassazione.

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