Con sentenza del 27.11.2009, la Corte di Appello di Roma rigettava il gravame proposto da R.G. avverso la decisione di primo grado che aveva accolto l'opposizione della società R.F.I., sul rilievo che il rapporto di lavoro con il ricorrente dovesse ritenersi cessato alla data (30.1.2003) in cui era stata richiesta l'indennità sostitutiva della reintegrazione nel posto di lavoro e non in quella successiva (30.12.2003) dell'effettivo pagamento della stessa.
Rilevava la Corte territoriale che, nello schema dell'obbligazione alternativa di cui all'art. 1285 c.c., la scelta di una delle prestazioni diventava irrevocabile ed impediva la successiva opzione per l'altra, laddove nell'obbligazione con facoltà alternativa (ex parte creditoris) l'eventuale iniziale preferenza per la prestazione secondaria non era di ostacolo alla successiva opzione per la prestazione principale, con la conseguenza che l'obbligo della reintegrazione si estingueva solo con l'esecuzione della prestazione alternativa e cioè con il pagamento dell'indennità sostitutiva (con specifico richiamo alla sentenza della Cassazione n. 12514/2003).
Osservava, tuttavia, la Corte territoriale che la S. C. aveva successivamente espresso principi in parte diversi, ritenuti maggiormente condivisibili (Cass. 2692072008, 3773/2009) secondo i quali il diritto alle quindici mensilità era da ricondurre nell'ambito dell'obbligazione alternativa, onde, a termini dell'art. 1286 c.c., comma 2 la scelta tra le due prestazioni doveva ritenersi irrevocabile o con l'esecuzione di una di esse o con la dichiarazione di scelta comunicata all'altra parte. Nella specie, con l'esercizio dell'opzione, doveva ritenersi cessato il rapporto, con esclusione del credito una tantum previsto dal nuovo c.c.n.l. in favore dei dipendenti ...
Con l'unico motivo di ricorso, il R. denunzia violazione o falsa applicazione di norme di diritto, in relazione alla L. n. 300 del 1970, art. 18, comma 5, ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 3, osservando che, sulla scia della sentenza della Corte Costituzionale n. 81 del 1992, la giurisprudenza di legittimità, contrariamente a quanto rilevato nella decisione impugnata, aveva reiteratamente affermato l'opposto principio secondo cui, in caso di esercizio della facoltà in esame, il rapporto di lavoro si risolve solo con l'effettivo pagamento, e richiama, a fondamento della censura, le pronunzie della S. C. nn. 6342/2009, 19244/2009 e 24199/2009.
Aggiunge che una lettura della norma costituzionalmente orientata, in base alla specifica disciplina della norma di cui alla L. n. 300 del 1970, art. 18 induce a ritenere, in virtù del principio di effettività dei rimedi contro i licenziamenti illegittimi, che, come il risarcimento trova il limite temporale, in caso di disposta reintegrazione, solo nella ricostituzione effettiva del rapporto, lo stesso ugualmente, in caso di esercizio della opzione di cui alla L. n. 300 del 1970, art. 18, comma 5 trova il proprio limite temporale solo nell'effettiva erogazione della prestazione scelta dal lavoratore secondo la facoltà concessagli dalla legge. La funzione della l'indennità sostitutiva è, invero, quella di assicurare ugualmente al lavoratore, che rinuncia alla reintegrazione, la retribuzione, per un certo periodo ritenuto congruo, prima che egli possa ricollocarsi nel mercato del lavoro. Richiama ulteriori sentenze della Corte di legittimità, che hanno affermato che il rapporto di lavoro si risolve solo con l'effettivo pagamento dell'indennità vicaria e non con la dichiarazione di preferirla (Cass. nn. 25233/09,...
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