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Estremi:
Cassazione civile, 2011,
  • Fatto

    SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

    Il GL del Tribunale di Cosenza, con sentenza del 18.5.2000-25.5.2000, rigettava il ricorso col quale R.G. aveva chiesto che venisse dichiarato illegittimo (sotto diversi profili) il licenziamento intimatogli in data 4.8.1998 per superamento del periodo di comporto dal Credito Italiano s.p.a., di cui era dipendente.

    Il gravame, proposto alla Corte di Appello di Catanzaro dal lavoratore licenziato, era rigettato con sentenza del 29.3.2001- 12.4.2001.

    Proposto ricorso per cassazione, questa Corte, con sentenza nr. 14873 del 3.8.2004, accoglieva il terzo motivo di censura (attinente all'inadempimento dell'obbligo del datore di lavoro di specificare dettagliatamente le assenze, di fronte alla richiesta del lavoratore, L. n. 604 del 1966, ex art. 2), dichiarava assorbiti gli altri motivi di ricorso e annullava la pronunzia del giudice di secondo grado rinviando alla Corte di Appello di Reggio Calabria.

    Con ricorso depositato in data 15.4.2005, R.G. riassumeva il giudizio di rinvio, chiedendo che -per l'inadempimento dell'obbligo imposto al datore di lavoro della L. n. 604 del 1966, ex art. 2, ovvero, comunque, per tutti gli altri motivi di illegittimità del recesso datoriale già evidenziati in precedenza venisse accolta, in riforma della sentenza del GL di Cosenza, la domanda proposta nel primo grado del giudizio, e cioè che fosse dichiarato inefficace ovvero annullato lo stesso recesso datoriale intimato in data 4.8.1998, con conseguente condanna del Credito Italiano Spa (ora Unicredito Italiano spa) alla reintegrazione nel posto di lavoro, al risarcimento del danno pari alle retribuzioni dovute dal giorno del recesso a quello di effettiva reintegrazione nonchè al versamento dei contributi assistenziali e ...

  • Diritto

    MOTIVI DELLA DECISIONE

    Con il primo motivo di ricorso, il R., denunciando violazione e falsa applicazione degli artt. 384 e 394 c.p.c. lamenta che la Corte di Appello di Reggio Calabria, quale giudice del rinvio, anzichè applicare il principio di diritto enunciato dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 14873/04, lo avrebbe completamente disatteso, stravolgendo l'accertamento e la valutazione dei fatti già acquisiti al processo e, quindi, coperti dal giudicato.

    Con il secondo motivo il ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione dell'art. 394 c.p.c. sostiene che, anche a volere ritenere corretto l'assunto del Giudice a quo secondo cui la pronuncia n. 14873/04 avrebbe cassato la sentenza della Corte di Catanzaro non per violazione o falsa applicazione di legge ma per vizio di motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 5, il Giudice del rinvio non poteva compiere un nuovo e diverso accertamento dei fatti come accertati definitivamente e sui quali si era fondata la sentenza di annullamento.

    Con il terzo motivo, il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 384, 394, 414, 416, 421 e 437 c.p.c. e art. 2719 c.c., sostenendo che l'impugnata sentenza avrebbe violato il principio - affermato da questa Corte - secondo il quale, "in ipotesi di annullamento per omesso esame di un punto decisivo della controversia, il giudice di rinvio, mentre può valutare liberamente i fatti già accertati e indagare anche su altre circostanze ai fini di un apprezzamento complessivo in relazione alla pronunzia da emettere in sostituzione di quella cassata, deve tuttavia tener conto delle preclusioni e decadenze già verificatesi senza che il divieto di assumere nuove prove, non necessitate dalla sentenza di annullamento, sia superabile nel rito del lavoro con l'esercizio dei ...

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