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Estremi:
Cassazione civile, 1999,
  • Fatto

    Svolgimento del processo

    Il dott. Ciro Barbato, dipendente della Banca di Roma s.p.a., in qualità di vice Capo Ufficio, nel mese di agosto del 1994, fu sottoposto a perquisizione domiciliare e presso "ogni altro luogo in sua disponibilità" nell'ambito di una indagine penale relativa a tale Vincenzo Pinzarone, imputato dei delitti di riciclaggio di denaro e di titoli falsi.

    La Banca, cui era stato notificato il decreto di perquisizione disposto dalla Procura presso la Pretura circondariale di Napoli, con lettera del 16 settembre 1994, invitò il proprio dipendente a formalizzare tempestivamente la documentazione richiesta dal primo comma dell'art. 34 c.n.c. l. del 23 novembre 1990, per il quale "il lavoratore che venga a conoscenza per atto dell'A.G. (P.M. o altro magistrato competente) che nei suoi confronti sono svolte indagini preliminari ovvero è stata esercitata l'azione penale per reato che comporti l'applicazione di pena detentiva anche in alternativa a pena pecuniaria, deve darne immediatamente notizia all'azienda. Analogo l'obbligo incombe sul lavoratore che abbia soltanto ricevuta informazione di garanzia".

    La risposta del Barbato fu negativa, in quanto egli non risultava essere indagato.

    Disposta, però, custodia cautelare nei suoi confronti con provvedimento del 27 marzo 1995, allo stesso Barbato la Banca, con lettera datata 31 marzo 1995, rinnovò l'invito a formalizzare compiutamente la comunicazione prevista dal contratto collettivo, comunicazione, che il lavoratore, perdurando lo stato detentivo, effettuò - tramite il suo legale di fiducia nel procedimento penale - con lettera del 21 aprile 1995.

    Dopo la revoca della misura cautelare, la Banca, ritenuto che il Barbato non avesse adempiuto agli obblighi contrattuali di cui sopra, gli contestò di essere rimasto arbitrariamente presente nei locali della...

  • Diritto

    Motivi della decisione

    Va premesso che, sul piano processuale, è pacifico che la Banca di Roma intimò il licenziamento al proprio dipendente per "il grave comportamento ed atteggiamento concretizzatosi nella mancata formalizzazione della comunicazione" prevista dall'art. 34, primo comma, del c.c.n.l. del 23 novembre 1990, a mente del quale - come anticipato in narrativa - "il lavoratore il quale venga a conoscenza, per atto dell'autorità giudiziaria, Pubblico Ministero o altro magistrato competente, che nei suoi confronti sono svolte indagini preliminari ovvero è stata esercitata l'azione penale per reato che comporta l'applicazione di pena detentiva anche in alternativa a pena pecuniaria, deve darne immediata notizia all'azienda. Analogo obbligo incombe sul lavoratore che abbia soltanto ricevuto informazione di garanzia.

    Qualora l'azienda, in relazione a quanto previsto dall'art. 115 lett. c) e d), intenda rinviare alle risultanze anche non definitive del procedimento penale la valutazione dei fatti che hanno dato luogo al procedimento stesso, deve dare di ciò comunicazione per iscritto al lavoratore interessato.

    L'azienda può anche disporre, in ogni fase del procedimento penale in atto, l'allontanamento dal servizio del lavoratore interessato per motivi cautelari. L'allontanamento per motivi cautelari viene reso noto per iscritto al lavoratore interessato e può essere mantenuto dall'azienda per il tempo dalla medesima ritenuto necessario, ma non oltre il momento in cui sia divenuta irrevocabile la decisione del giudice penale" (pagg. 12 - 13 sentenza imp.) Secondo il Tribunale, la clausola collettiva pone "un chiaro obbligo" di informazione a carico del dipendente ed "a favore della banca datrice di lavoro, allorquando (presupposto questo la cui necessaria ricorrenza, per l'attivazione del meccanismo disciplinare o quantomeno cautelare, appare di...

  • Note redazionali:
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