Con sentenza del 2 maggio 2002 la Corte di appello di Catanzaro confermava la decisione di primo grado con cui il Tribunale di Catanzaro (in funzione di Giudice del Lavoro) aveva dichiarato l'inefficacia del licenziamento intimato dalla s.n.c. "012 BENETTON di Michele & C." a P.R. perchè privo dell'essenziale forma scritta con la condanna della società datrice di lavoro al conseguente riconoscimento del danno.
Per quello che rileva in questa sede la Corte territoriale ha rimarcato: "a) la tardività della deduzione formulata per prima volta nel giudizio di appello a censura della decisione di primo grado sul punto dell'inefficacia del licenziamento anche con riguardo alla circostanza di fatto concernente la lettera della società in data 4 maggio 1998; b) comunque l'equivocità di detta censura laddove sembra prospettare un'anomala convalida ex nunc del licenziamento irritualmente intimato per vizio di forma; circa le conseguenza del licenziamento inefficace per difetto di forma scritta, spetta al lavoratore il risarcimento del danno da determinare secondo le regole generali dell'inadempimento delle obbligazioni, per cui nel caso di inefficacia del licenziamento non comunicato per iscritto spetta al lavoratore il risarcimento del danno commisurato alle retribuzioni non percepite per le prestazioni lavorative non fornite ma continuativamente offerte al datore".
Per la cassazione di tale sentenza la s.n.c. "012 BENETTON di Michele & C." in liquidazione ha proposto ricorso assistito da due motivi.
Con ordinanza in data 11 maggio 2005 questa Corte ha disposto la notifica del ricorso erroneamente notificato in precedenza e, a seguito di regolare notifica in data 10 giugno 2005, l'intimata P.R. si è costituita con controricorso notificato il 18 luglio 2005.
1 -. Con il primo motivo di ricorso la società ricorrente - denunziando "violazione del combinato disposto degli artt. 1704 e 1388 cod. civ., dell'art. 2118 cod. civ. e L. n. 604 del 1966, art. 2 in relazione all'omessa applicazione degli artt. 1324 e 1334 cod. civ." - rileva che "una volta che sono state soddisfatte le esigenze di evitare (mediante prescrizione legislativa della forma scritta del licenziamento) che il recesso del datore di lavoro sia arbitrario e che i motivi posti a suo fondamento siano valutabili in sede giudiziaria e la situazione sia ben chiara per il lavoratore, non esiste alcun motivo giuridico per non ritenere possibile la possibilità di convalida di un atto unilaterale con efficacia dal momento del ricevimento da parte del destinatario ai sensi dell'art. 1334 cod. civ." e censura la sentenza impugnata per avere condiviso "la sostanziale ingiustizia di una tesi assolutamente formalistica emergente in maniera incontrovertibile nel presente caso atteso che:
a) la lavoratrice era stata resa edotta della cessazione dell'attività sia perchè ciò ha dichiarato, sia perchè le risultava dall'attività svolta nel mese di febbraio, quando procedette all'imballaggio degli arredi, sia, soprattutto, perchè in data 4 marzo 1998 dichiarò per iscritto (vedi dichiarazione allegata al fascicolo di primo grado) di aver percepito quanto a lei spettante anche per "liquidazione"; b) il motivo del licenziamento le venne ribadito con la lettera del 4 maggio 1998; c) la situazione e, quindi, la impossibilità di riassumerla le fu ribadita con la memoria del 28 aprile 1999, nella quale è precisato ancora una volta il motivo del licenziamento e la chiusura della sede".
Con il secondo motivo la società ricorrente - denunziando "la violazione dell'art. 2697 cod. civ., la nullità della sentenza per violazione dell'art. 115 cod. proc. civ. e art. 118 disp. att. cod. proc. civ., la violazione dell'art. 1227 cod. civ. e...
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