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Estremi:
Cassazione civile, 2009,
  • Fatto

    SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

    Con sentenza depositata il 1 marzo 2004, la Corte d'appello di Ancona ha respinto l'appello proposto da Poste Italiane s.p.a. contro il proprio dipendente T.U. avverso la sentenza in data 27 giugno 2001 con la quale il Tribunale del lavoro di Macerata aveva condannato la predetta società a trasferire il lavoratore presso l'agenzia di (OMISSIS) stazione adibendolo a mansioni riconducibili all'area operativa di cui al C.C.N.L. di settore compatibili col suo stato di salute.

    T.U., dipendente delle Poste inquadrato nell'area operativa, originariamente addetto a compiti di recapito della corrispondenza nell'ambito dell'Agenzia di (OMISSIS) stazione, quindi distaccato presso l'agenzia di (OMISSIS) in quanto non idoneo a svolgere mansioni di recapito a causa delle proprie condizioni di salute, aveva chiesto di poter tornare in servizio a (OMISSIS), ove si era liberata una posizione di impiegato interno di area operativa, invocando all'uopo la disciplina di cui alla L. n. 104 del 1992, comma 6, relativa ai portatori di handicap in situazione di gravità.

    I giudici di merito hanno accolto la domanda, sulla base del dato di fatto pacifico relativo alla situazione di handicappato grave del dipendente e accertando che in corso di giudizio si era resa disponibile presso l'agenzia di (OMISSIS) stazione una posizione di impiegato interno di area operativa con mansioni di sportellista, alle quali il T. era idoneo sia professionalmente (tutt'al più previo un breve periodo di aggiornamento professionale, ritenuto non ostativo alla attribuzione della mansione) che dal punto di vista delle condizioni di salute, come accertato dalla Commissione medica della AUSL n. (OMISSIS).

    Avverso tale sentenza, Poste Italiane s.p.a. propone ricorso per cassazione, affidato...

  • Diritto

    MOTIVI DELLA DECISIONE

    Col ricorso, la difesa della società deduce la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1362 e 1363 c.c., in relazione agli art. 41 Cost., L. n. 104 del 1992, art. 33, comma 6, e art. 2103 c.c., nonchè il vizio di motivazione della sentenza impugnata.

    Riportato il testo della L. n. 104 del 1992, art. 33, comma 6, la ricorrente istituisce un parallelismo tra di esso e il precedente comma 5, del medesimo articolo, sostenendo che, in forza dell'analogo dato testuale, sarebbe possibile all'interessato (rispettivamente, al familiare del disabile in situazione di gravità e a quest'ultimo), la scelta della sede di lavoro unicamente in fase di prima assegnazione e non nello sviluppo delle vicende del rapporto lavorativo, a cui si riferirebbe viceversa il divieto di trasferimento senza il consenso dell'interessato. Una tale interpretazione della norma in esame troverebbe, secondo la ricorrente, sostegno sia in sentenze di questa Corte che in pronunce della Corte costituzionale, peraltro relative all'ipotesi di cui al comma 5, dell'articolo citato, in cui la persona interessata non è, come nel caso in esame, l'andicappato, ma il familiare che gli presta assistenza.

    Inoltre, la società rileva che l'eventuale diritto del lavoratore portatore di handicap in condizione di gravità non è riconosciuto dalla norma citata in maniera incondizionata, potendovisi opporre esigenze di servizio, come è fatto palese dalla espressione "ove è possibile" contenuta nella norma medesima.

    Nel caso di specie, il carico di lavoro dell'ufficio di (OMISSIS) non avrebbe reso necessario all'epoca l'utilizzo di un'altra unità addetta allo sportello, tanto più se handicappata in situazione di gravità: il T. non avrebbe infatti una specifica esperienza nella mansione,...

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