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Estremi:
Cassazione civile, 2003,
  • Fatto

    Svolgimento del processo

    Il Pretore di Bergamo, con sentenza del 24 settembre 1999, accertata la natura subordinata del rapporto di lavoro intercorso tra l'impresa di pulizie Giovanna Gotti e Anna Cefis, dichiarava l'inefficacia del licenziamento orale della stessa e condannava la Gotti a pagarle lire 2.805.102 a titolo di differenze retributive, nonché il risarcimento del danno commisurato alle retribuzioni maturate dal giorno del recesso alla data della sentenza, detratto quanto percepito dalla lavoratrice in ragione di rapporto di lavoro con terzi dal 20 ottobre 1997 al 19 febbraio 1998.

    La Corte d'appello di Brescia, con sentenza del 4 luglio 2000, accoglieva parzialmente l'appello della datrice di lavoro e respingeva la domanda di risarcimento del danno da licenziamento inefficace e compensava tra le parti le spese di entrambi i gradi.

    Dopo aver riassunto le risultanze istruttorie dalle quali poteva desumersi che la cessazione del rapporto di lavoro era avvenuta per volontà della datrice di lavoro, la Corte puntualizzava che, in ipotesi di licenziamento inefficace per difetto della forma scritta, il danno da risarcire va liquidato secondo i principi generali in tema di inadempimento delle obbligazioni, tra cui quello della rilevanza della condotta del creditore, nella quale può anche ravvisarsi una volontà di adesione successiva alla risoluzione del contratto. La condotta della lavoratrice, puntualmente descritta nella motivazione della sentenza impugnata, volta ad ottenere un pagamento e non la riassunzione in servizio, indicativa di una volontà contraria ad una ripresa della collaborazione, interrompeva il nesso causale fra il licenziamento ed il danno.

    Avverso tale sentenza ricorre per cassazione la Gotti con un motivo; resiste la Cefis con controricorso e propone ricorso incidentale con un motivo; la stessa ha anche...

  • Diritto

    Motivi della decisione

    Con il ricorso principale, la Cefis denunzia violazione e falsa applicazione dell'art. 2 I. n. 604 del 1966, degli artt. 1221 e 1223 c.c., nonché vizi di motivazione in ordine al punto decisivo relativo alla volontà di reintegrazione della ricorrente. In particolare, si duole la lavoratrice che, pur in presenza di una tempestiva impugnazione del licenziamento, la Corte territoriale ha erroneamente ritenuto che la successiva assenza di una manifestazione di volontà di riprendere il lavoro, in concomitanza con atteggiamenti più o meno conflittuali con il datore, possa determinare il rigetto della domanda risarcitoria. Infatti, non può ritenersi il lavoratore tenuto ad un'ulteriore manifestazione di volontà, nè, in particolare, alla comunicazione di una disponibilità al rientro, già implicita nell'impugnazione del licenziamento. La motivazione della sentenza sarebbe poi illogica nella parte in cui ricollega alla normale dialettica conflittuale, successiva all'impugnazione del licenziamento, una rinuncia di fatto del lavoratore alla reintegrazione.

    Con il ricorso incidentale, la Gotti denunzia erronea applicazione di norme di diritto ed omessa e insufficiente motivazione circa il punto essenziale relativo alla qualificazione del recesso quale licenziamento, in quanto dalle risultanze istruttorie sarebbe emerso che il rapporto era cessato solo in forza della subentrata indisponibilità della Cefis alla prosecuzione dell'attività lavorativa alle condizioni in precedenza concordate. Inoltre, la volontà d'interruzione del rapporto sarebbe stata comunicata ad un soggetto terzo.

    Assumendo priorità logica, va esaminato innanzitutto il ricorso incidentale, che va riunito a quello principale (art. 335 c.p.c.).

    La doglianza con esso proposta si limita a fornire una diversa "lettura" delle risultanze processuali;...

  • Note redazionali:
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