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Estremi:
Cassazione civile, 2005,
  • Fatto

    Svolgimento del processo

    Con sentenza del 27 maggio 2000 il Tribunale di Pisa, accogliendo la domanda proposta da D.V. annullò le dimissioni che costei aveva presentato alla "2 ARNI" S.r.l., alle cui dipendenze ella lavorava, ordinò alla Società la reintegrazione nel posto di lavoro e condannò la stessa Società al risarcimento del danno, costituito dalle retribuzioni spettanti dalle dimissioni alla reintegrazione.

    Con sentenza dell'11 febbraio 2002 la Corte d'Appello di Firenze ha respinto l'impugnazione proposta dalla Società.

    Il giudicante premette la descrizione dei fatti accertati. La V. al termine del suo turno di lavoro, inizia l'acquisto di alcuni generi alimentari riponendo "in una borsa di tela rossa, priva di chiusure, una busta di articoli del banco gastronomia (cui è spillato il relativo scontrino per la lettura magnetica ed il pagamento alla cassa) ed altro sacchetto di tortellini. Proseguendo negli acquisti, trova un carrello e vi ripone altra merce, prelevata in vari reparti del locale; e ripone la borsa di tela rossa nel gancio posteriore del carrello...... Si avvicina poi alla cassa ove opera il Direttore, e gli chiede chiarimenti su un errore relativo al proprio orario lavorativo. Paga la merce riposta nel carrello. Dopo essersi avviata verso l'uscita, si ferma intrattenendosi a colloquio con una conoscente. Mentre è ancora ferma, è avvicinata dalla guardia giurata, che le contesta di non aver presentato a pagamento la merce riposta nella borsa rossa appesa al carrello. Ella dichiara spontaneamente di aver dimenticato il contenuto della borsa personale".

    Il Direttore, dopo avere chiesto consiglio ai funzionari della CONAD e dopo avere invitato la V. nel proprio ufficio, in presenza del Vice direttore e della guardia giurata consiglia alla dipendente di dimettersi, per evitare l'alternativa...

  • Diritto

    Motivi della decisione

    1. Con il primo motivo, denunciando per l'art. 360 nn. 3 e 5 cod. proc. civ. violazione e falsa applicazione degli artt. 1427, 1434, 1438, 2106, 2119 cod. civ., dell'art. 1 della Legge 15 luglio 1966 n. 604, e dell'art. 18 della Legge 20 maggio 1970 n. 300 nonché omessa insufficiente e contraddittoria motivazione, la ricorrente sostiene che il giudicante, dopo aver escluso nel comportamento dell'azienda la configurabilità dell'uso strumentale della minaccia di far valere un diritto ed avere escluso anche la configurabilità dell'ipotesi normativa prevista dall'art. 1438 cod. civ., aveva erroneamente ritenuto che il caso in esame rientrasse nell'ipotesi prevista dall'art. 1435 cod. civ., "senza peraltro minimamente porsi il problema di identificare il male ingiusto minacciato, elemento costitutivo della fattispecie considerata".

    2. Con il secondo motivo, denunciando per l'art. 360 nn. 3 e 5 cod. proc. civ. violazione e falsa applicazione dell'art. 1438 cod. civ. nonché omessa e contraddittoria motivazione, la ricorrente sostiene che il giudicante, avendo ritenuto invalide le dimissioni, avrebbe dovuto accertare la sussistenza e la gravità della mancanza commessa dalla lavoratrice.

    E questa mancanza, per la mansione svolta (commessa addetta al banco: mansione assimilabile a quella di cassiera), per le modalità di svolgimento del fatto, per il grado di intenzionalità rivelata, e per il rischio di reiterazione, era idonea a ledere irreversibilmente la fiducia del datore, ed in tal modo legittimare il licenziamento.

    3. Questi due motivi, che, essendo interconnessi, devono essere esaminati congiuntamente, sono infondati.

    4. Su un piano generale, è da premettere che la violenza morale è caratterizzata da una scelta non libera, bensì determinata dalla necessità...

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