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Estremi:
Cassazione civile, 1988,
  • Fatto

    Svolgimento del processo

    Con atto di citazione notificato il 27 luglio 1985 l'Istituto Nazionale della Previdenza Sociale propose opposizione avverso il decreto ingiuntivo emesso dal Conciliatore di Avellino, con il quale gli era stato intimato di pagare a Vincenzo Piacquadio la somma di L. 305.592, anticipata dal medesimo ai propri dipendenti, per conto dell'Ente, a titolo di prestazioni dovute dalla cassa Integrazione Guadagni.

    L'opposizione venne rigettata con sentenza in data 9-10 dicembre 1985 in base alle seguenti considerazioni:

    Doveva ritenersi "ricorrente e rituale la competenza del Conciliatore", esulando "il credito...dal rapporto previsto dagli artt. 442 e 444 c.p.c.": si trattava, infatti, di "debito di cassa" dell'INPS; l'imprenditore inoltre aveva agito "quale mero mandatario ex lege" dell'Ente; risultava infine "cessato ogni rapporto" fra il Piacquadio e l'INPS.

    - il credito dedotto in giudizio era "provato con documenti" e doveva essere perciò disattesa l'eccezione "di difetto del diritto soggettivo del ricorrente".

    Per l'annullamento di tale sentenza l'INPS ha proposto ricorso a questa Corte deducendo un unico motivo di censura.

    L'intimato non si è costituito.

  • Diritto

    Motivi della decisione

    L'istituto ricorrente, denunziando "violazione e falsa applicazione dell'art. 12 D.L. 1gt. 9-11-1945 n. 788 e degli artt. 442 e 444 c.p.c. in relazione al disposto di cui all'art. 360 nn. 3 e 5 c.,p.c.", rileva che non appartiene al giudice conciliatore la competenza in ordine alla presente controversia avendo questa ad oggetto "materia previdenziale attribuita dal legislatore al Pretore in funzione di giudice del lavoro" (art. 442 c.p.c.).

    Osserva inoltre che questa Suprema Corte ha ritenuto di natura previdenziale le prestazioni della C.I.G. e che non possono essere, pertanto, sottratte al giudice naturale (cioè al Pretore) le controversie relative al rapporto tra INPS e datore di lavoro ed alle obbligazioni che da esso derivano, compresa quella del rimborso da parte dell'Ente delle somme anticipate dal datore di lavoro ai propri dipendenti per conto della Cassa, a norma dell'art. 12 del D.L. Lgt. n. 788-45.

    Nè potrebbero indurre a diversa soluzione, ad avviso dal ricorrente, le incomprensibili ed irrilevanti considerazioni esposte nella impugnata sentenza.

    Il ricorso è fondato.

    Come questa Suprema Corte ha ripetutamente statuito, le prestazioni della Cassa Integrazione Guadagni, sia ordinaria che straordinaria, come disciplinate dalla legislazione che regola la materia, hanno natura e funzione previdenziale, (v. tra le altre decisioni al riguardo, Cass. 8-1-82 n. 29, 21-3-83 n. 1998, 9-9-86 n. 5521).

    Si è precisato in detta pronunzia che, una volta intervenuto il provvedimento autorizzativo da parte dell'organo amministrativo competente, l'obbligo di corrispondere l'integrazione salariale sorge unicamente in capo all'INPS gestore della Cassa ed ha come diretti beneficiari i lavoratori sospesi; che, per effetto del meccanismo di erogazione delle...

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