Il giudizio ha per oggetto l'impugnazione da parte del signor A. F., già dipendente della società Ansaldo Energia S.p.A., del licenziamento intimatogli dalla società per riduzione di personale.
Il giudice di primo grado dichiarava l'illegittimità del licenziamento, e, con sentenza in data 7 giugno 2006, depositata il 13 luglio 2006, la Corte d'Appello di Genova confermava questa decisione respingendo l'impugnazione della Ansaldo.
La sentenza confermava anche la motivazione di primo grado ritenendo viziata la procedura di mobilità avviata dall'azienda con comunicazione del febbraio 2003, e relativa a 46 lavoratori transitati alle dipendenze del Consorzio Lanital quale conseguenza della cessione da parte dell'Ansaldo del ramo d'azienda "servizi generali".
La sentenza rilevava che incombeva all'Ansaldo l'onere di provare che i lavoratori addetti al cosiddetto settore "Servizi Generali" avessero professionalità non suscettibili di utilizzazione nell'ambito dell'attività mantenuta. Questo onere non era stato adempiuto. Il giudice riteneva, inoltre, che nel caso di specie non fosse ravvisabile quella necessaria unicità di reparto o di settore, cui legittimamente limitare l'applicazione dei criteri di scelta dei lavoratori ai fini della mobilità.
Avverso la sentenza, che non risulta notificata, la società Ansaldo ha proposto ricorso per cassazione, con due motivi, notificato, in termine, il 13 luglio 2007.
L'intimato signor A. ha resistito con controricorso notificato, in termine, il 31 luglio 2007.
L'Ansaldo, infine, ha depositato una memoria integrativa.
1. Nel primo motivo di impugnazione la ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione della L. n. 223 del 1991, art. 5, e l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione.
Secondo la ricorrente, la scelta di affidare alcune attività a terzi, nel caso specifico alla Manital, costituiva un legittimo esercizio del potere organizzativo del datore di lavoro, come tale non suscettibile di esame in sede giudiziaria.
2. Nel secondo motivo l'Ansaldo deduce sotto un diverso profilo gli stessi vizi (di violazione e falsa applicazione della L. n. 223 del 1991, art. 5 e di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione).
Secondo la Ansaldo, la sentenza, pur riconoscendo che la nozione di ramo di azienda non coincideva con quella di reparto o settore considerato dalla giurisprudenza in materia di licenziamento collettivo, se ne sarebbe poi discostata immotivatamente.
La sentenza, di fatto, aveva identificato le due nozioni di ramo d'azienda e quello di settore o reparto cui limitare gli effetti della messa in mobilità ai sensi della L. n. 223 del 1991, art. 5; a questo fine si era basata sul carattere non unitario del reparto "Servizi Unitari" per desumerne che non poteva essere configurato quale settore o unità produttiva.
3. Infine, nel terzo motivo di impugnazione la Ansaldo denunzia la violazione e falsa applicazione della L. n. 223 del 1991, art. 5 e art. 2697 c.c., e l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su di un punto decisivo della controversia.
Lamenta, innanzi tutto, che il giudice abbia ritenuto che spettasse all'Ansaldo provare che i lavoratori addetti al settore "Servizi Generali" avessero professionalità non suscettibili di utilizzazione nell'ambito dell'attività...
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