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Con la sentenza ora denunciata, il Tribunale di Roma - in riforma della sentenza del Pretore della stessa sede in data 11 luglio 1995 - rigettava le domande proposte da Anna Rita SCARAMELLA ed altri contro il datore di lavoro, PULILAMPO ITALIANA s.r.l., per ottenere declaratoria di illegittimità del proprio trasferimento - dall'agenzia Roma sud della SIP ad altra unità produttiva nell'ambito dello stesso comune - che era stato disposto a seguito di richiesta della SIP, quale impresa appaltatrice del servizio di pulizia reso dai lavoratori.
Per quel che qui interessa, osservava infatti il giudice d'appello:
- il contratto collettivo, applicabile nella fattispecie (art.
23), estende - ai trasferimenti in ambito comunale - la disciplina legale nella stessa materia (di cui all'art. 2103 c.c.), che tuttavia risulta osservata;
- a prescindere dalla "astratta validità" della "clausola di gradimento" contenuta nel dedotto contratto d'appalto - che "facultizza" la parte committente (SIP) ad "ottenere" dall'appaltatore (PULILAMPO ITALIANA s.r.l.) la "sostituzione degli addetti" senza obbligo di motivazione nè di indennizzo - l'impugato trasferimento dei lavoratori risulta giustificato, tuttavia, da "un'esigenza produttiva e organizzativa";
- infatti "le vicende pacificamente accadute sull'appalto in questione (la reazione dei lavoratori al provvedimento della SIP in ordine al mutamento del locale posto a disposizione degli stessi e la inidoneità di tale locale) hanno determinato in fatto una obiettiva situazione che ha reso incompatibile la permanenza di quei lavoratori presso la abituale sede di lavoro";
- "tale incompatibilità, a prescindere da qualsiasi valutazione circa la legittimità del comportamento dagli stessi (lavoratori) tenuto, integra...
1. Con l'unico motivo di ricorso - denunciando violazione e falsa applicazione di norme di diritto (art. 2103, anche in riferimento all'art. 1372, c.c.), nonché vizio di motivazione (art. 360, n. 3 e 5; c.p.c.) - Annarita Scaramella ed i suoi litisconsorti censurano la sentenza impugnata per avere ritenuto legittimo il proprio trasferimento, sebbene questo non possa ritenersi giustificato nè dalla clausola di non gradimento" contenuta in contratto d'appalto - al quale i lavoratori erano rimasti estranei - nè dal comportamento del terzo committente (la SIP), e sebbene gli stessi "lavoratori addetti all'appalto presso la SIP (avessero) lavorato normalmente non creando perciò alcun disservizio nel lavoro".
Il ricorso non è fondato.
2 Invero il trasferimento del dipendente dovuto ad incompatibilità aziendale, trovando la sua causa nello stato di disorganizzazione e disfunzione dell'unità produttiva, va ricondotto alle esigenze tecniche, organizzative e produttive (previste dall'art. 2103 c.c.), piuttosto che, sia pure atipicamente, a ragioni punitive e disciplinari - secondo la giurisprudenza di questa Corte (vedine, per tutte, le sentenze n. 3525 del 2001; n. 3207 del 1998, Cass. n. 3889 del 1989, Cass. n. 5339 del 1987, Cass. 832 del 1975) - con la conseguenza che la legittimità del provvedimento datoriale di trasferimento, appunto, prescinde dalla colpa (in senso lato) dei lavoratori trasferiti, come dall'osservanza di qualsiasi altra garanzia sostanziale o procedimentale che sia stabilita per le sanzioni disciplinari.
Peraltro il controllo giurisdizionale; sulle comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive che legittimano il trasferimento del lavoratore subordinato (ai sensi dell'art. 2123 c.c., cit.), deve essere diretto ad accertare soltanto se vi sia corrispondenza tra il provvedimento...
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