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Estremi:
Cassazione civile, 2002,
  • Fatto

    Svolgimento del processo

    Con ricorso depositato in data 25 gennaio 2000 Alessandro Soppi proponeva appello avverso la sentenza del Pretore di Firenze, con la quale era stato rigettato il suo ricorso diretto a far accertare l'illegittimità del licenziamento disciplinare intimatogli con lettera raccomandata del 19 novembre 1997 ad opera della Standa s.p.a. (ed alla conseguente condanna alla reintegra nel posto di lavoro ed risarcimento del danno) ed era stata invece accolta la riconvenzionale, con la quale detta società aveva chiesto la condanna del suo dipendente al pagamento della somma di lire 68.440 oltre interessi e rivalutazione monetaria.

    Ricostituitosi il contraddittorio, la Corte d'appello di Firenze rigettava il proposto gravame e condannava il Soppi al pagamento delle spese del grado. Nel pervenire a tale conclusione, la Corte d'appello - prendendo in esame le censure mosse alla decisione di primo grado - osservava che, alla stregua di quanto ripetutamente statuito dai giudici di legittimità, dovevano considerarsi leciti, alla luce del disposto degli artt. 2 e 3 stat. lav., i controlli effettuati dagli agenti investigativi di imprese private incaricati dal datore di lavoro di vigilare sui comportamenti illeciti, penalmente rilevanti ed esulanti dalla normale attività lavorativa, pur se commessi nel corso di essa. Non potevano, pertanto, nel caso di specie avere rilievo le censure mosse avverso l'operato delle tre dipendenti dell'agenzia investigativa dell'Euromaster, alla quale la Standa, preoccupata del frequente verificarsi di episodi di sparizione di merce ed ammanchi di cassa, aveva dato incarico di vigilare su eventuali appropriazioni di denaro o condotte illecite dei propri dipendenti. Di qui la rilevanza delle puntuali e concordi deposizioni delle testi Lorenza Albano, Alessandra Nova e Annalisa Scalise. Con riferimento alla doglianza dell'appellante sulla mancanza...

  • Diritto

    Motivi della decisione

    Con il primo motivo il ricorrente deduce violazione degli artt. 2 e 3 della legge 20 maggio 1970 n. 300. In particolare, dopo avere premesso che l'accertamento dei fatti era avvenuto ad opera di agenti investigatori, il ricorrente afferma che l'art. 3 stat. lav. vieta ogni forma di controllo occulto inteso ad accertare la trasgressione, nello svolgimento della prestazione, delle prescrizioni dettate dall'art. 2104 c.c. e cioè del dovere di diligenza nell'adempimento dei compiti lavorativi. Per di più, nella fattispecie in esame, la denunzia degli agenti incaricati del controllo non era stata tempestiva, tanto vero che il lavoratore non aveva saputo dell'esistenza di un controllo occulto neppure durante la procedura ex art. 7 dello statuto dei lavoratori ma aveva appreso ed aveva avuto certezza di ciò solo dalla memoria di costituzione e risposta del datore di lavoro nel giudizio di prime cure.

    Il motivo è infondato e, pertanto va rigettato.

    Le norme poste dagli artt. 2 e 3 della legge 20 maggio 1970 n. 300, a tutela della libertà e dignità del lavoratore, delimitano la sfera di intervento di persone preposte dal datore di lavoro a difesa dei suoi interessi con specifiche attribuzioni nell'ambito dell'azienda (rispettivamente con poteri di polizia giudiziaria e di controllo della prestazione lavorativa) ma non escludono il potere dell'imprenditore ai sensi degli artt. 2086 e 2104 c.c., di controllare direttamente o mediante la propria organizzazione gerarchica o anche attraverso personale esterno - costituito da dipendenti di una agenzia investigativa - l'adempimento delle prestazioni lavorative e quindi di accertare mancanze specifiche dei dipendenti già commesse o in corso di esecuzione, e ciò indipendentemente dalle modalità del controllo, che può avvenire anche occultamente senza che vi ostino nè il principio di correttezza e...

  • Note redazionali:
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