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Estremi:
Cassazione civile, 2006,
  • Fatto

    SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

    Con sentenza depositata il 27 luglio 2001 il Tribunale di Torino condannava L.L. e C.M. a pagare a Kimberly Clark s.p.a., a titolo di penale per violazione del patto di non concorrenza, rispettivamente L. 237.989.230 e L. 196.142.310 oltre alla restituzione di L. 23.798.923 e di L. 19.614.231.

    Avverso tale sentenza proponevano appello i soccombenti in primo grado. Costituitosi il contraddittorio, con sentenza depositata in data 18 maggio 2003 la Corte d'Appello di Torino rigettava il gravame. Sotto un primo profilo riteneva infondata l'eccezione di nullità della sentenza basata sulla circostanza che la lettura del dispositivo era stata fatta in un'udienza diversa da quella di discussione. Rigettava altresì l'eccezione di nullità del patto di non concorrenza osservando che lo stesso rispettava i parametri di cui all'art. 2125 cod. civ. atteso che era limitato nella sua durata, imponeva l'astensione dall'esercizio di attività a favore di aziende che operavano in settori specifici, era limitato al territorio nazionale e fissava un corrispettivo idoneo a compensare il sacrificio, peraltro limitato, richiesto ai lavoratori. Sotto altro profilo riteneva non provata la circostanza dell'acquisizione del diritto dei lavoratori al superiore inquadramento in epoca anteriore alla data di sottoscrizione del patto di non concorrenza. Rigettava inoltre l'eccezione di nullità della clausola penale pattuita per l'inadempimento dell'obbligo di non concorrenza osservando che, contrariamente a quanto sostenuto dai lavoratori, tale penale non era rimessa alla determinazione unilaterale della società ma era quantificata in misura fissa. Rigettava infine la domanda di riduzione della penale ritenendo quest'ultima congrua tenuto conto della gravità della violazione.

    Per la cassazione di tale sentenza propongono ricorso L.L. e C.M. affidato a cinque motivi. Resiste con controricorso Kimberly Clark s.p.a. Entrambe le parti hanno depositato...

  • Diritto

    MOTIVI DELLA DECISIONE

    Col primo motivo i ricorrenti denunciano la nullità della sentenza di primo grado e del procedimento svolto in grado d'appello. Premesso che l'art. 429 cod. proc. civ. prevede, senza eccezioni, che il Giudice del lavoro, esaurita la discussione, pronuncia sentenza con cui definisce il giudizio dando lettura del dispositivo nella stessa udienza nella quale le parti hanno discusso la causa, deduce l'erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui ha rigettato l'eccezione di nullità basata sulla circostanza che la lettura del dispositivo era stata fatta in un'udienza diversa da quella di discussione.

    Il motivo è infondato alla luce dell'orientamento espresso da questa Suprema Corte (cfr. Cass. 18 febbraio 1998 n. 1729), che viene ribadito in questa sede, secondo cui nel rito del lavoro non determina nullità della decisione e del procedimento la lettura del dispositivo in altra udienza successiva a quella di discussione della causa, in quanto tale irregolarità non impedisce all'atto di raggiungere il suo scopo (art. 156 cod. proc. civ.), nè comporta una violazione insanabile dei diritti di difesa, come nel diverso caso di omessa lettura del dispositivo che determina, invece, la nullità insanabile della sentenza per la mancanza di un requisito formale indispensabile per il raggiungimento dello scopo dell'atto.

    Col secondo motivo i ricorrenti denunciano il difetto di motivazione su un punto decisivo della controversia nonchè violazione e falsa applicazione di legge, con riferimento all'art. 2125 cod. civ. in relazione al capo della sentenza impugnata che ha rigettato la richiesta di nullità del patto di non concorrenza per il carattere simbolico e comunque non adeguato della controprestazione. In particolare non sono adeguatamente ed esaurientemente motivate le ragioni in base alle quali la Corte territoriale ha affermato la validità del patto con riferimento all'assunto che la professionalità dei lavoratori...

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