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Estremi:
Cassazione civile, 2006,
  • Fatto

    SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

    Con sentenza del 6 dicembre 1999 il Tribunale di Roma, in funzione di giudice del lavoro, dichiarava la sussistenza dal 19 dicembre 1994 di un rapporto subordinato pari tinte a tempo indeterminato fra M.C. e la Telecom Italia s.p.a. e condannava quest'ultima a corrispondere al primo la retribuzione, oltre accessori, a decorrere dal 19 gennaio 1999.

    La decisione, appellata dalla società, veniva parzialmente riformata dalla Corte d'appello di Roma, che - con la sentenza indicata in epigrafe -, confermata la dichiarata nullità del termine, respingeva la domanda di risarcimento del danno proposta dal lavoratore. La Corte Territoriale, per quanto rileva nella presente sede, osservava che: anche ammesso che le organizzazioni sindacali possano delegare ad altra sede la fissazione della quota di lavoratori che è possibile assumere a tempo determinato, la nullità del termine apposto ai sensi della L. n. 56 del 1987, art. 23 derivava dalla mancata preventiva sottoscrizione da parte delle organizzazioni sindacali della cd. clausola di contingentamento, prevista dalla stessa norma, dacchè in sede di contrattazione collettiva locale tale clausola non si rinveniva, nè era possibile ritenere - come voluto dalla società - che la stessa fosse stata pattuita oralmente;

    peraltro, la disposizione non era stata comunque osservata, che - a dire della stessa società - l'accordo orale non aveva previsto una quota percentuale di lavoratori reclutabili a termine, ma solo il numero massimo di questi; d'altra parte, il lavoratore aveva provato documentalmente che tale numero massimo era stato comunque superato;

    quanto alla domanda di risarcimento avanzata dal M., l'assenza di prestazione lavorativa escludeva che lo stesso potesse commisurarsi alle retribuzioni dalla data di messa in mora, sicchè, in applicazione dei principi in materia di risarcimento, doveva ritenersi che il lavoratore, essendo trascorso un triennio dall'interruzione del...

  • Diritto

    MOTIVI DELLA DECISIONE

    1. Preliminarmente, i ricorsi devono essere riuniti, ai sensi dell'art. 335 epe, essendo proposti avverso la medesima sentenza.

    2. Ancora in via preliminare, deve darsi atto che le procure depositate dalla società resistente giustificano lo jus postulandi del difensore avvocato Maurizio Marazza, nominato con procura a margine del controricorso rilasciata dal responsabile della Funzione relazioni aziendali nell'ambito della Human Resources della Telecom Italia s.p.a..

    3. Con il primo motivo, denunciando violazione dell'art. 2909 c.c. e art. 112 c.p.c., il ricorrente deduce che la statuizione del giudice di primo grado riguardo alla spettanza delle retribuzioni dalla data della mora accipiendi era passata in giudicato, poichè l'appello della società aveva riguardato solo l'inidoneità della lettera di offerta delle prestazioni a costituire valido atto di messa in mora.

    Il secondo motivo denuncia violazione e/o falsa applicazione dell'art. 1206 c.c. e, in alternativa, violazione e/o falsa applicazione dell'art. 2094 c.c. Si lamenta che il giudice d'appello abbia ritenuto che dalla mancata accettazione delle prestazioni lavorative nascesse il diritto non alle retribuzioni ma al risarcimento del danno, mentre, come chiarito dalla giurisprudenza e dalla dottrina, allorquando la prestazione diviene impossibile a seguito dell'ingiustificato rifiuto del datore di lavoro, questi non è liberato dall'obbligo di corrispondere la normale retribuzione.

    D'altra parte, sostiene il ricorrente, sotto il profilo sinallagmatico la utilizzabilità della prestazione lavorativa equivale alla effettiva utilizzazione, sicchè il pagamento della retribuzione è comunque giustificato.

    4. Con l'unico motivo del ricorso incidentale la società denuncia violazione della L. n. 56 del 1987, art. 23, dell'art. 1325 c.c., n. 4, degli artt. 184 e 188 c.p.c. e dell'art. 1362 c.c. nell'interpretazione dell'art. 5 del contratto...

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