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Estremi:
Cassazione civile, 1988,
  • Fatto

    Svolgimento del processo

    Con atto notificato il 25-7-1980 Vincenzina Di Folco conveniva in giudizio davanti al Pretore di Anzio la S.p.A. Colgate-Palmolive, dalla quale era stata licenziata per eccessiva morbilità con lettera del 22-1-1976, assumendo che la malattia all'origine del procedimento era da imputarsi a colpa della società convenuta, la quale aveva omesso di adottare nell'ambiente di lavoro le cautele idonee ad evitare danni ai lavoratori addetti ed aveva continuato ad impiegare essa ricorrente in reparti caratterizzati dalla presenza delle sostanze rivelatesi nocive. Chiedeva, pertanto, in via principale che venisse dichiarata la illegittimità del licenziamento con la conseguente condanna della società alla immediata reintegrazione nel posto di lavoro ed al risarcimento del danno costituito dalle retribuzioni che avrebbe nel frattempo percepito, ed in via subordinata che la società venisse condannata a risarcirle il danno costituito dalle differenze tra l'ammontare della pensione di invalidità già in precedenza attribuitele e la retribuzione che avrebbe percepito ove non avesse contratto la malattia.

    La società convenuta, costituitasi, si opponeva alla domanda.

    Con sentenza del 3-11-81 - 19-1-82 il Pretore rigettava la domanda, dichiarando interamente compensate tra le parti le spese di lite.

    Avverso detta sentenza proponeva appello la Di Folco, contestando la tardività della impugnazione del licenziamento ritenuta dal Pretore e deducendo l'omesso esame da parte del medesimo della documentazione medica esibita a prova della malattia da cui era affetta e delle cause che l'avevano determinate. Insisteva sia nella domanda principale che in quella subordinata.

    La S.p.A. Colgate-Palmolive chiedeva la conferma della sentenza impugnata.

    Con sentenza non definitiva del 18-4- -...

  • Diritto

    Motivi della decisione

    In riferimento alla sentenza non definitiva del 18-4 - 12-5-83 n. 249 del Tribunale di Velletri, Vincenzina Di Folco, premesso d'aver fatto riserva di impugnazione avverso detta sentenza nell'udienza del 6-6-83, con il primo motivo denunzia: "Violazione, erronea e falsa applicazione di norme (art. 360 cpc, art. 2110 C.C., art. 6 legge 604-66, art. 1442).

    Con il secondo motivo deduce: "Violazione e falsa applicazione art. 1418 C.C. (art. 360 n. 3 cpc). Motivazione insufficiente, illogica e contraddittoria (art. 360 n. 5 cpc) su un punto decisivo della controversia, proposto dalle parti e rilevabile d'ufficio".

    Con il terzo motivo si duole della "violazione e-o falsa applicazione dell'art. 2 legge 604-66 (art. 360 n. 3 C.P.C.)".

    Con il quarto lamenta ancora: "Violazione e-o falsa applicazione dell'art. 2 legge 604-66 e dello art. 1335 cod. civ. (art. 360 n. 3 C.P.C.). Motivazione contraddittoria.

    Con il quinto denunzia: "Violazione e-o falsa applicazione dell'art. 437 c.p.c. (art. 360 n. 3 C.P.C.)".

    Tutti i predetti motivi di ricorso non meritano accoglimento. Essi possono essere trattati congiuntamente, attesa la loro connessione.

    Quanto al primo in particolare, è dato rilevare che il licenziamento intimato in periodo di malattia non è nullo, ma soltanto inefficace. È, infatti, giurisprudenza di questa Corte Suprema che: "L'inosservanza del divieto di licenziamento fino a quando non sia cessato lo stato di malattia, o sia comunque decorso il cosiddetto periodo di comporto (art. 2110 cod. civ. 2. comma), non determina di per sè la nullità della dichiarazione di recesso del datore di lavoro, ma implica, in applicazione del principio della conservazione degli atti giuridici (art. 1367 cod. civ.), la temporanea inefficacia del recesso...

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