Il dr. Pasquale La Venuta, capo dell'Ufficio P-A2 dell' Ente Autonomo Fiera del Levante di cui è dipendente ha chiesto la condanna dello stesso al pagamento, in suo favore, di lire 50.000 000 per risarcimento del danno biologico derivato all'infarto da lui subito in conseguenza della stressante attività cui aveva dovuto sottoporsi per fronteggiare il carico di lavoro dell'ufficio cui egli era preposto, con un organico del tutto insufficiente. Il Pretore ha rigettato la domanda.
Il Tribunale di Bari, innanzi al quale il dr. La Venuta ha proposto appello, con sentenza del 12.5.94, ha confermato la sentenza pretorile ricalcandone le ragioni decisionali.
Secondo il Tribunale l'esistenza presso un ufficio di un carico di lavoro eccessivo - in relazione alla entità dell'organico esistente presso l'ufficio stesso - non obbliga il datore di lavoro ad adeguare l'organico: essendo riservato il relativo dimensionamento esclusivamente alle sue scelte imprenditoriali.
Il lavoratore che, di sua iniziativa, si assoggetti ad un super lavoro per mantenere - nonostante la carenza di organico - l'efficienza del reparto a lui affidato - compie una scelta da ascriversi esclusivamente a sua responsabilità, senza che possa esser evocata quella del datore di lavoro.
Il dr. La Venuta non era stato costretto ad assoggettarsi a lavoro straordinario -che peraltro aveva contenuto nel limite annuale di 500 ore; così come, di sua iniziativa, non aveva, con continuità, fruito dei periodi feriali.
Per questa ragione, anche a voler consentire con la c.t.u. espletata in primo grado - che aveva ravvisato nello stress da eccessivo lavoro il principale fattore dell'infortunio cardio circolatorio - al datore di lavoro non era addebitabile alcuna responsabilità.
Il dr. La Venuta chiede la cassazione della sentenza con ricorso articolato in due motivi; l' Ente Mostra resiste con controricorso.
Con il primo motivo il ricorrente denuncia omesso esame delle prove testimoniali e della consulenza tecnica, e sostiene che il Tribunale ha completamente ignorato quanto risultato dalle stesse in ordine all'incessante impegno cui aveva dovuto egli sottoporsi per non compromettere il livello di efficienza del reparto -centrale, nell'ambito della organizzazione aziendale a lui affidato- nonostante le carenze di organico.
Con il secondo motivo denuncia violazione degli artt. 2087 e 2043 cc e contesta l'asserzione del Tribunale secondo cui il datore di lavoro e esente da responsabilità in ordine alla salute del proprio dipendente - anche quando il danno alla stessa trovi origine nella organizzazione lavorativa - se l'assoggettamento all'abnorme attività lavorativa derivi da sua scelta.
Incombe, infatti, al datore di lavoro - in ottemperanza al disposto dell'art. 2087 cc - dimensionare la propria organizzazione lavorativa in maniera tale da salvaguardare la integrità psicofisica dei propri dipendenti.
Le censure, che per la loro connessione possono essere congiuntamente esaminate, sono entrambe fondate.
Come si è detto, la decisione del Tribunale poggia su una asserzione di assoluta irresponsabilità del datore di lavoro in ordine ai danni alla salute del lavoratore che dipendano da iniziative dello stesso volte a sopperire a carenze di organico per mantenere il livello di efficienza del settore cui egli sia addetto.
Secondo il Tribunale, infatti, il datore di lavoro, nell'ambito della sua libertà di iniziativa economica, è libero di determinare, insindacabilmente, la dimensione dell'organico aziendale necessario per conseguire determinati obiettivi produttivi.
Se gli stessi siano raggiunti - allorché rispetto ad essi l'organico sia inadeguato - con un apporto dei propri dipendenti che ecceda l'impegno proprio di una normale prestazione - trasformandosi in lavoro...
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