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Estremi:
Corte Costituzionale, 1989,
  • Fatto

    Ritenuto in fatto

    1. - Con lettera in data 26 febbraio 1986 Taccon Giancarlo veniva licenziato dal suo datore di lavoro "a seguito dei fatti accaduti il giorno 14 febbraio 1986" e con effetto dal 17 febbraio 1986.

    Avverso il licenziamento così motivato proponeva impugnazione giudiziaria il lavoratore, assumendone la natura disciplinare e l'illegittimità per mancata osservanza della procedura di cui all'art. 7 della legge n. 300 del 1970.

    Il Pretore adito rigettava la domanda, ritenendo non applicabile alla fattispecie la testè citata norma, per essere presso l'azienda occupati meno di sedici dipendenti.

    Il Tribunale di Vicenza, in sede di appello avverso tale decisione, sollevava questione di legittimità costituzionale dell'art. 7, secondo e terzo comma, della citata legge n. 300 del 1970, in riferimento all'art. 3 della Costituzione.

    Osservava al riguardo che l'impugnato licenziamento aveva carattere sostanzialmente disciplinare, come dimostrato dall'espresso riferimento a fatti accaduti il 14 febbraio 1986 (consistenti in ingiurie e minacce in danno del datore di lavoro, che aveva perciò proposto querela) nonché dall'intimazione in tronco del licenziamento stesso: donde la rilevanza della questione relativa alla suddetta normativa, interpretata, alla stregua della giurisprudenza della Corte regolatrice, nel senso della sua inapplicabilità all'ipotesi, ricorrente nella fattispecie, di licenziamento disciplinare irrogato da datore di lavoro con meno di sedici dipendenti.

    Il giudice a quo osservava, poi, nel merito della questione che la sancita non operatività della normativa de qua nell'area di recedibilità ad nutum da parte del datore di lavoro (anche nel caso in cui quest'ultimo non ritenga di avvalersi puramente e semplicemente del correlativo...

  • Diritto

    Considerato in diritto

    Il Tribunale di Vicenza dubita della legittimità costituzionale dell'art. 7, secondo e terzo comma, della legge n. 300 del 1970, ove interpretata alla stregua della giurisprudenza della Corte regolatrice, nel senso della sua inapplicabilità all'ipotesi di licenziamento disciplinare irrogato dal datore di lavoro con meno di sedici dipendenti, in quanto risulterebbe violato l'art. 3 della Costituzione perché le garanzie procedimentali previste dalla norma censurata sarebbero applicate a lavoratori delle dette aziende per sanzioni di minore entità, mentre il licenziamento c.d. disciplinare oltre a produrre la perdita del posto di lavoro lede la dignità professionale e personale del lavoratore.

    La questione è fondata.

    Questa Corte ha affermato (sentenza n. 204 del 1982; ordinanza n. 345 del 1988) che le garanzie di cui all'art. 7 della legge n. 300 del 1970 si applicano ai licenziamenti qualificabili come sanzione disciplinare secondo la legge o l'autonomia collettiva; il relativo accertamento e la relativa qualificazione spettano ai giudici remittenti e possono essere effettuati secondo l'indirizzo giurisprudenziale affermatosi in materia.

    Nella fattispecie il Tribunale di Vicenza ha qualificato il licenziamento intimato di carattere sostanzialmente disciplinare.

    Principi di civiltà giuridica ed innegabili esigenze di assicurazione della parità di trattamento garantita dal precetto costituzionale (art. 3 della Costituzione) richiedono che a favore del lavoratore, colpito dalla più grave delle sanzioni disciplinari, quale è quella espulsiva, con perdita del posto di lavoro e lesione della dignità professionale e personale, siano assicurate le garanzie previste dall'art. 7 dello Statuto dei lavoratori specificamente a favore di colui al quale è stata...

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