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Estremi:
Corte Costituzionale, 1972,
  • Fatto

    Ritenuto in fatto:

    Nel corso del procedimento civile promosso dalla signora Maria Rosaria Petringolo nei confronti della società Clinica Villa Bianca, per ottenere una differenza salariale che assumeva esserle dovuta, la Corte di appello di Napoli, dinanzi all'eccezione di decadenza proposta dalla convenuta, con ordinanza emessa il 29 settembre 1970, ha sollevato questione di legittimità costituzionale del d.P.R. 14 luglio 1960, n. 1040, nella parte in cui recepisce il terzo comma dell'art. 49 del c.c.n.1. 24 maggio 1956, per i dipendenti degli istituti di cura privati. Tale disposizione testualmente recita "ogni reclamo sulla eventuale inesattezza dei calcoli relativi alle cifre di cui sopra" (retribuzioni ed altri compensi) "o sulla non corrispondenza delle stesse rispetto alla quantità o qualità del lavoro e su eventuali omissioni di pagamento, deve essere inoltrato all'istituto del dipendente interessato, a pena di decadenza a tutti gli effetti, entro due mesi dal giorno in cui il pagamento venne effettuato od omesso".

    Secondo la Corte d'appello la norma in parola, prevedendo il decorso del termine di decadenza in costanza di rapporto di lavoro, violerebbe l'art. 36 della Costituzione. Osserva infatti il giudice a quo che ricorrono gli stessi motivi di contrasto posti in evidenza dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 63 del 1 giugno 1966 ed esattamente: presenza di un rapporto non dotato di quella resistenza che caratterizza il rapporto di pubblico impiego per cui il timore del licenziamento può spingere il lavoratore a non tutelare ed a rinunziare ai suoi diritti, con conseguente invalidità della rinunzia ex articolo 36 Cost., perché non frutto di una libera volontà negoziale.

    Identica ordinanza è stata pronunciata dalla stessa Corte d'appello in data 27 ottobre 1970 nel procedimento civile tra la signora Giovanna Ciccarelli e l'anzidetta...

  • Diritto

    Considerato in diritto:

    Le due ordinanze sollevano la stessa questione sicché si rende opportuna la riunione delle cause per la loro decisione con unica sentenza.

    1. - Le ordinanze denunciano l'art. 49, terzo comma, del contratto collettivo nazionale di lavoro del 24 maggio 1956, riguardante i dipendenti da istituti di cura privati, recepito con forza di legge dal d.P.R. 14 luglio 1960, n. 1040, nella considerazione che esso viene a violare l'art. 36 della Costituzione (nell'interpretazione che ne ha dato la Corte costituzionale con la sua sentenza n. 63 del 1966), in quanto stabilisce che la decorrenza del termine di decadenza di due mesi prescritta per la proposizione di reclami riguardanti il pagamento delle retribuzioni e di ogni altro compenso, debba in ogni caso venire fissata dal giorno in cui il pagamento venga effettuato o omesso, e quindi anche quando il termine stesso maturi in costanza del rapporto di lavoro.

    2. - Con la sentenza richiamata, la Corte ha effettivamente statuito che le disposizioni del codice civile le quali consentono che la prescrizione quinquennale o quelle presuntive, relative a retribuzioni corrisposte per periodi non superiori o superiori al mese sono da ritenere affette da illegittimità costituzionale nella parte in cui fanno decorrere i termini relativi durante la costanza del rapporto di lavoro. Ciò nella considerazione che, allorché quest'ultima ipotesi si verifica, è da presumere che la mancanza di tempestiva impugnazione sia determinata dal timore di licenziamento, e quindi venga ad assumere carattere di rinunzia implicita.

    3. - È però da mettere in rilievo come, dopo l'emanazione della richiamata pronuncia, è intervenuta la legge 15 luglio 1966, n. 604, il cui art. 1 stabilisce che, nei rapporti di lavoro a tempo indeterminato per i quali la stabilità non risulti...

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